19 Maggio 2025
le nuove rotte del made in Italy


L’export made in Italy sta vivendo una fase di trasformazione profonda. Le tensioni geopolitiche, l’aumento dei costi produttivi, la stagnazione dell’economia tedesca e il rischio di nuove tariffe negli Stati Uniti stanno spingendo molte aziende oltre i mercati tradizionali.
Se finora Germania, Francia e Stati Uniti hanno rappresentato i principali sbocchi per i prodotti italiani, oggi si affacciano nuove rotte commerciali verso Paesi come India, Vietnam, Arabia Saudita, Messico e diversi Stati africani.

Un fenomeno reso necessario anche dal contesto macroeconomico incerto. Il Pil italiano nel 2024 è cresciuto dello 0,7%, sostenuto da agricoltura e industria, ma il fatturato industriale ha registrato un calo del 3,4% (dati Istat). La domanda interna ha segnato un -3,8%, mentre l’export è sceso dello 0,5% nonostante una ripresa del commercio globale (+3,4%). Segnali che indicano come il vecchio modello export-centrico sia sotto pressione, costringendo le imprese a cercare nuovi sbocchi internazionali.

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Secondo un’indagine del Centro Studi Tagliacarne, riportata in un articolo di Affari e Finanza del quotidiano la Repubblica, il 70% delle aziende italiane sta preparando contromisure ai possibili dazi americani. Tra le risposte strategiche: il 33% intende alzare i prezzi, il 25% punta sull’espansione all’interno dell’Ue e il 18% guarda ai mercati extraeuropei. Solo il 3% valuta un trasferimento della produzione negli Stati Uniti.

Il governo italiano, attraverso la Farnesina e con il supporto di Ice, Sace, Simest e Cdp, ha messo in campo un Piano d’azione per l’export nei mercati extra-Ue d alto potenziale. L’obiettivo è accompagnare soprattutto le pmi nei processi di internazionalizzazione, puntando su aree con forte urbanizzazione e classi medie in crescita, come Africa, Asia-Pacifico, America Latina e Balcani occidentali. I Paesi target includono, in particolare, India, Vietnam, Emirati Arabi e Messico.

Secondo Sace, l’export italiano potrebbe valere fino a 85 miliardi di euro in aree strategiche come il Sud-Est asiatico (Asean), il Medio Oriente, l’America Latina e l’Africa. Proprio in quest’ultimo continente, Tanzania, Algeria e Angola emergono come nuove frontiere per i settori infrastrutturali, agroalimentari, energetici e sanitari. In Tanzania, ad esempio, Sace ha attivato una push strategy finanziando il gruppo Metl, che in cambio si è impegnato a includere fornitori italiani nei propri progetti.

Un altro fronte promettente è l’America centro-meridionale, considerata logisticamente vantaggiosa rispetto agli Stati Uniti. Per sostenere le imprese interessate, Simest ha introdotto un finanziamento agevolato per investimenti green, digitali e produttivi, con un tasso dello 0,4% e una quota a fondo perduto fino al 20%. Le pmi, startup e imprese innovative che investono almeno il 30% in quell’area o vi generano il 5% del proprio export potranno beneficiarne.

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