15 Giugno 2025
Corriere Forum, Luca Ferrucci (Sviluppumbria) si confronta con le categorie sul futuro dell’Umbria


Un confronto schietto tra le associazioni di categoria umbre e il neo amministratore di Sviluppumbria, Luca Ferrucci, ha acceso i riflettori sulle priorità e le strategie per il futuro economico della regione. Ad essere accolti nella redazione centrale dal direttore del Corriere dell’Umbria e del Gruppo Corriere, Sergio Casagrande sono stati il vice direttore regionale di Confcommercio, Federico Fiorucci; il direttore generale di Confindustria Umbria Simone Cascioli, il direttore regionale di Cna, Roberto Giannangeli e il presidente regionale di Federalberghi, Simone Fittuccia. Casagrande ha ringraziato tutti per la disponibilità e per aver accettato l’invito del direttore. Un incontro voluto proprio dal Corriere per mettere a confronto Ferrucci con le associazioni di categoria. “Sviluppumbria è un ente di vitale importanza per la nostra regione – ha detto il direttore del quotidiano – il nome stesso evoca il ruolo chiave che svolge nelle scelte che possono agire da volano per lo sviluppo, a patto che siano ponderate e oculate, come dimostrato anche dalle precedenti amministrazioni”.

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Innovativa la formula del format: è stato ognuno dei rappresentanti di categoria intervenuti a porre una domanda al professor Ferrucci su un argomento ritenuto di interesse prioritario. Ne è emersa una interessante riflessione su temi cruciali come il sostegno alle imprese, la rigenerazione urbana legata al commercio, le dinamiche di mercato globale e il ruolo della spesa pubblica nell’economia.

Federico Fiorucci – Il mondo delle micro e piccole imprese è fragile, ma vitale. Le politiche passate e i bandi non erano sempre adatti alla loro scala, privilegiando le grandi realtà. C’è la volontà di un approccio più inclusivo? E quali strumenti saranno messi in campo, in sinergia con le associazioni, per sostenerle specificamente?

Il tema del commercio è complesso e cercherò di sintetizzarlo. Veniamo da una lunga stagione in cui le “iniezioni” di liberalizzazione regolamentativa su questa materia, a partire dalle leggi Bersani, hanno comportato in Umbria un innalzamento imponente della presenza della medio-grande distribuzione. Se consultiamo le banche dati del Ministero, vediamo che l’Umbria si posiziona tra le regioni a maggiore intensità di medio-grande distribuzione commerciale. Le cause di questo fenomeno sono molteplici. Sicuramente c’è il fatto che abbiamo protagonisti umbri in questo settore che hanno avuto un incentivo a essere presenti su tutto il territorio regionale. Ma non possiamo neanche disconoscere la deindustrializzazione dell’Umbria. Nelle aree industriali, stabilimenti e strutture immobiliari che non ospitavano più l’industria o l’artigianato sono stati destinati urbanisticamente a questi insediamenti di medio-grandi strutture commerciali.
Questo ha generato fenomeni di competizione tra amministrazioni comunali, che in qualche modo hanno creato distorsioni urbanistiche e infrastrutturali. Comuni piccoli, in prossimità di grandi città, ospitavano queste strutture per attrarre consumatori residenti altrove, generando una sorta di “magnetismo”.
Il fenomeno, dunque, va analizzato nella sua articolazione. Sviluppumbria, in passato, non è mai intervenuta su queste problematiche. Personalmente, mi auguro che, se il governo regionale lo riterrà opportuno, Sviluppumbria possa diventare uno strumento anche per una riflessione e per azioni di intervento sui temi del commercio e della rigenerazione urbana. Lo dico con convinzione perché è un argomento di estrema attualità.
Non la metterei, però, sul piano strettamente delle dimensioni – piccolo, medio, grande. Direi piuttosto che la multiforme configurazione dell’Umbria ci pone delle criticità specifiche per il commercio. Abbiamo città, aree periferiche e borghi o centri minori. Le città, i centri storici, le aree periferiche e i borghi hanno una diversa intensità in termini di residenzialità, flussi di pendolarismo per lavoro e turisti. La sostenibilità del commercio, quindi, dipende da queste tre leve. Le politiche del commercio devono segmentare queste realtà. Dobbiamo guardare alla diversità della configurazione – città, centri storici, aree periferiche, borghi – e, dall’altro lato, quanta residenzialità, quanto pendolarismo e quanto turismo ci sono. E quindi lavorare in quel mosaico con azioni differenziate. Tutto questo deve stare all’interno di una nuova cornice regolamentativa del commercio. Mi auguro che il governo regionale la definisca, poiché è quanto mai urgente per poi specificare questi interventi.

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Simone Cascioli – Confindustria Umbria ha identificato come priorità per la manifattura la sostenibilità, l’internazionalizzazione e la digitalizzazione, sintetizzate nell’azione sulle filiere strategiche e i cluster. Ritiene queste le traiettorie giuste per l’Umbria e per l’azione di Sviluppumbria nei prossimi cinque anni?

L’attuale quadro macroeconomico internazionale è instabile, dominato da conflitti militari e commerciali e dal riemergere dei sovranismi, con impatti negativi sull’internazionalizzazione. Mi preoccupa la crescente dipendenza della nostra economia dalla spesa pubblica: durante l’emergenza Covid abbiamo avuto sussidi pubblici, poi è arrivato il Pnrr che per l’Umbria significa circa 2,3 miliardi di euro. Successivamente abbiamo visto altre forme di intervento della spesa pubblica come il riarmo dei vari Paesi che ovviamente avvantaggia alcune filiere. Il mio timore per gli anni a venire è questo: semmai si dovesse tornare a una forma di rigore della spesa pubblica, come si potrà far ritornare una competitività basata sulle logiche di mercato e non strettamente dipendenti dalla spesa pubblica una parte del nostro sistema manifatturiero? Dobbiamo iniettare competitività nelle imprese per renderle resilienti e meno dipendenti da questi flussi. Sull’internazionalizzazione, l’Umbria deve rafforzarsi, specialmente nel cluster aerospaziale, che contribuisce significativamente all’export. Sviluppumbria può supportare queste imprese e favorire il back-shoring, cercando di riportare o attirare in Umbria parti di filiere migrate altrove. La sostenibilità sia essa sociale che ambientale e l’energia sono pilastri fondamentali.
L’Umbria, terza regione italiana per produzione di energia idroelettrica in rapporto ai consumi, ha un grande potenziale. Io credo che sull’energia si possano fare davvero investimenti per ridare competitività alle imprese. In questo senso, come Sviluppumbria, sto promuovendo la realizzazione di Comunità energetiche rinnovabili, le cosiddette Cer. Di recente ho avuto modo di visitare le strutture di Umbria Fiere e ritengo utile aprire una riflessione sulla possibilità di installare pannelli fotovoltaici sui 30.600 metri quadrati dei padiglioni per generare circa 2 MW a beneficio delle imprese dell’area industriale. Progetti simili sono previsti anche a Foligno, dove c’è un Its d’eccellenza e dove si potrebbe realizzare una share a favore delle aziende di quell’area industriale in modo che si produca energia pulita e si possa accedere a un prezzo competitivo. Sul nucleare, sono aperto alla scienza, ma nessun Paese può basarsi al 100% su questa fonte per il suo fabbisogno, dato che l’offerta non si adatta istantaneamente alla domanda fluttuante. Un mix di fonti è indispensabile.

Roberto Giannangeli – Negli ultimi dieci anni, l’Umbria ha visto una forte riduzione delle microimprese e una crescita delle piccole e medie imprese, con un aumento complessivo dell’occupazione. Però, si registra un preoccupante spopolamento di giovani qualificati, e le imprese faticano a trovare personale. Il Pil è cresciuto poco e l’energia costa il doppio per le piccole imprese, mentre l’accesso al credito si è ridotto del 33%. In questo contesto, quali sono le principali linee di sviluppo per l’Umbria?

Negli ultimi 15 anni abbiamo assistito a una metamorfosi dell’economia umbra. L’export regionale si è diversificato, con i macchinari e la componentistica come primo flusso, segno di una positiva trasformazione. L’energia resta una priorità trasversale. La riduzione delle microimprese e la crescita delle piccole e medie imprese evidenzia la necessità di una migliore strutturazione.
La crescita dimensionale non è coercibile, ma dipende dalla volontà dell’imprenditore di investire e dalla disponibilità di capitali e persone. Sul credito, con la sua rarefazione, Gepafin ha un ruolo cruciale. Il capitale umano qualificato è un problema acuto: l’Umbria soffre l’invecchiamento e l’emigrazione dei giovani, aggravata da retribuzioni medie inferiori del 14% rispetto alla media nazionale. Non stiamo parlando di colpe o di responsabilità, stiamo dicendo che forse alcune imprese faticano a trovare manodopera anche perché i livelli retributivi sono inferiori e per questo alcuni giovani accettano di migrare. Naturalmente questo non significa che le imprese sono restie a pagare di più, dietro ci sono temi legati alla produttività del lavoro, agli investimenti, alla competitività, alla composizione settoriale della nostra economia. Dobbiamo superare la contrapposizione tra lavoro per laureati e lavoro tecnico-professionale. Una base solida di professionisti tecnici è essenziale per la crescita delle imprese, che a sua volta porta all’assunzione di laureati e a migliori retribuzioni. E’ vero che gli italiani spesso non vogliono fare lavori tecnico-professionali, e le imprese devono reinventarsi per attrarre i giovani, inclusi i Neet; la mentalità culturale delle famiglie e l’orientamento scolastico che ancora privilegia il liceo rispetto agli istituti tecnici contribuiscono a questo problema.

Simone Fittuccia – Il turismo è il vero motore trainante dell’Umbria, attirando investimenti importanti e elevando l’offerta verso una fascia medio-alta. Come Sviluppumbria intende supportare il turismo a 360 gradi, focalizzandosi sull’esperienzialità, la comunicazione e le infrastrutture? Sarà mantenuta la collaborazione costante con le associazioni di categoria?

Il legame con il mondo delle imprese e delle associazioni di categoria è vitale per Sviluppumbria, poiché garantisce il flusso di informazioni e conoscenze necessarie per politiche efficaci. Il turismo è un locomotore dello sviluppo per l’Umbria, che trascina con sé il commercio, l’artigianato e la residenzialità. Sintetizzo le sfide del turismo in tre parole: ricettività, attrattività e accessibilità.
Per quanto riguarda la ricettività, le imprese hanno investito molto per l’upgrading qualitativo e per offrire esperienzialità legate al territorio. Dobbiamo proseguire in questa direzione, regolamentando per evitare distorsioni.
Sull’accessibilità ritengo cruciale portare i turisti in Umbria velocemente. Un ruolo strategico è recitato dalle infrastrutture. L’aeroporto di Perugia, pur avendo superato mezzo milione di passeggeri, ha chiuso in perdita nel 2024 per una tratta sbagliata e la crescita è entrata ora in una fase di maturità. Mi interrogo se le rotte attuali – per esempio Albania, Romania, Malta, Sicilia – siano un vero volano di sviluppo turistico. Ho proposto di monitorare i flussi turistici per capire se i turisti restano in Umbria o si dirigono altrove. Ho anche suggerito di riconsiderare le rotte attuali e valutare la connettività con un hub europeo, anche a fronte di maggiori investimenti, per generare esternalità turistiche più ampie. Credo che una riflessione critica sull’opportunità di aprire una nuova stagione per l’aeroporto vada fatta: meglio investire risorse finanziarie in più ma che generino esternalità turistiche su tutto il territorio regionale decisamente più ampie.
In tema di attrattività, molto è stato fatto. Dobbiamo guardare al 2026, anno degli 800 anni della morte di San Francesco e della riapertura della basilica di Norcia dedicata a San Benedetto. Sono opportunità straordinarie per lo sviluppo futuro del turismo umbro.
Sviluppumbria non sarà un mero “esecutore burocratico”, ma un luogo di proposta e ideazione per la politica regionale, in stretta collaborazione con il governo regionale.

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