
Secondo Unimpresa, tra fine 2022 e maggio 2025 il sistema bancario ha ridotto drasticamente l’erogazione del credito, colpendo in particolare gli investimenti delle imprese e i prestiti personali
Un’emorragia da 55 miliardi in meno di tre anni
Le banche italiane hanno ritirato oltre 55 miliardi di euro di prestiti a imprese e famiglie dal dicembre 2022 al maggio 2025. È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, che denuncia una contrazione del 4,15% del credito complessivo, passato da 1.327,6 a 1.272,5 miliardi. Il fenomeno colpisce soprattutto le imprese, che hanno perso 47,9 miliardi, ma anche le famiglie vedono ridurre il loro accesso ai finanziamenti, con particolare riferimento ai prestiti personali.
Imprese sempre più lontane dal credito a lungo termine
Il dato più allarmante riguarda il crollo dei prestiti oltre i 5 anni, passati da 347,1 a 291 miliardi (-16,17%). Questo significa meno investimenti produttivi e meno fiducia nel futuro. Le imprese preferiscono ora forme di credito più brevi e flessibili, con i prestiti tra 1 e 5 anni che crescono (+7,2%) e quelli a breve termine che restano pressoché stabili (-2%). Ma la fotografia complessiva è impietosa: -7,4% rispetto al 2022.
Le famiglie scelgono prestiti più sicuri
Anche il credito alle famiglie cala, seppur in modo più contenuto (-1,06%). Crescono però i mutui (+0,95%) e il credito al consumo (+12,52%), segno che i cittadini continuano a investire nella casa e nei beni durevoli. A farne le spese sono i prestiti personali, in caduta libera da 138,8 a 113,1 miliardi (-18,5%), sintomo di una maggiore prudenzae di una ridotta capacità di spesa libera.
Allarme crescita: credito in ritirata, economia a rischio
Il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, lancia l’allarme: “Le banche devono tornare a finanziare l’economia reale”. Servono meno burocrazia, maggiore coraggio nel credito e una valutazione più equilibrata del merito creditizio, soprattutto per le PMI. La stretta sul credito colpisce il cuore produttivo del Paese e in assenza di una svolta, l’Italia rischia una stagnazione profonda.
Il credito è il carburante della crescita: serve un cambio di rotta
Il quadro che emerge evidenzia un sistema bancario più prudente e un’economia reale più incerta. Tra tassi d’interesse ancora alti, inflazione che rallenta lentamente e scenari geopolitici instabili, imprese e famiglie faticano a programmare investimenti e consumi. La soluzione? Serve un nuovo equilibrio tra politica monetaria e ruolo sociale delle banche, perché senza credito non c’è sviluppo.
FAQ
- Di quanto è calato il credito totale dal 2022 al 2025?
Di oltre 55 miliardi di euro, pari al -4,15%. - Quali settori hanno subito la riduzione maggiore?
Le imprese, soprattutto per i prestiti oltre i 5 anni. - Come si è comportato il credito a breve termine?
È rimasto pressoché stabile, con un calo del -2%. - Il credito tra 1 e 5 anni è aumentato?
Sì, è salito del +7,2%, segno di un uso più tattico del debito. - Come sono cambiati i prestiti alle famiglie?
Leggera contrazione totale, ma crescita per mutui e credito al consumo. - Perché calano i prestiti personali?
Le famiglie preferiscono forme di credito più controllabili. - Cosa propone Unimpresa per invertire la tendenza?
Meno burocrazia, maggiore accesso al credito e riforma dei criteri di valutazione. - Come impatta questa situazione sull’economia italiana?
Rischia di compromettere la ripresa e gli investimenti a lungo termine. - Il problema riguarda solo la domanda o anche l’offerta?
Entrambe: minore domanda e banche più prudenti nell’erogare. - Che ruolo dovrebbe avere la politica monetaria?
Favorire condizioni più favorevoli per l’accesso al credito.
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