
Due anni fa, quando Stevie Wonder si presentò allo stand della Fatar alla National Association of Music Merchants di Los Angeles, una delle maggiori fiere di prodotti musicali al mondo, il neo eletto presidente di Confidustria Macerata Marco Ragni non poteva immaginare l’attuale accidentato scenario mondiale. L’annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di applicare, da agosto, dazi al 30% sulle merci dai paesi dell’Unione europea avrà ripercussioni significative sull’economia marchigiana e maceratese. Secondo un’indagine della Cgia, nel 2024 la nostra provincia ha esportato negli Usa beni per 152,8 milioni di euro, in crescita dell’1,3% rispetto al 2023, un valore che sembrerebbe indicare una bassa esposizione ai rischi, ma questo è vero solo in parte. Le imprese maceratesi strutturate che operano direttamente negli States, infatti, non sono tantissime, ma quelle che ci sono hanno lì affari importanti. Confartigianato imprese ha poi evidenziato come l’Italia sia il primo esportatore dell’Unione europea verso gli Usa nei settori con una forte presenza di micro e piccole imprese come agroalimentare, moda, legno e mobili, prodotti in metallo e altre manifatture, che più difficilmente possono parare il colpo.
“Difficile calcolare l’impatto dei dazi, ma ci sarà . Anzi, ci sono già segnali per niente rassicuranti” sottolinea Alessio Castricini, laurea in Economia dei mercati internazionali alla Bocconi di Milano, master in finance all’Istituto de empresa de Madrid, e da ieri vice presidente delegato per l’internazionalizzazione di Confindustria Macerata. “C’è già stato l’annullamento di qualche contratto, altri sono stati congelati e diversi compratori americani hanno chiesto sconti rispetto a quanto previsto. Non sappiamo cosa succederà da qui al primo agosto, ma una certa preoccupazione c’è”.
I primi tre prodotti esportati dalle Marche negli Usa sono navi e imbarcazioni, medicinali e preparati farmaceutici e calzature, queste ultime, nonostante il ridimensionamento degli ultimi anni, ancora uno degli assi portanti della economia maceratese. La preoccupazione riguarda tutta la regione: l’anno scorso Pesaro ha esportato negli Usa beni per 376,1 milioni, Ascoli per 365,7 milioni, Ancona 270,7 milioni e Fermo 83,4 milioni, in tuto 1,2 miliardi. Quello americano, secondo i dati Istat elaborati dal Centro studi di Cna Marche, è il terzo mercato di sbocco delle esportazioni marchigiane, dopo Francia e Germania. Verso gli Usa nel 2024 è volato oltre il 9% dell’export regionale, anche se in calo rispetto agli anni precedenti: si è scesi dai 2,5 miliardi nel 2022 a 1,8 del 2023 e a 1,2 miliardi nel 2024, siamo al decimo posto tra le regioni italiane. Secondo uno studio dell’Università di Macerata, precedente agli ultimi annunci, l’aumento dei dazi potrebbe ridurre il Pil delle Marche di 98 milioni di euro nel 2025 e di 123 milioni nel 2026.
Franco Veroli
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