23 Agosto 2025
La propaganda Melonomics e gli affanni del paese reale


In quasi tre anni il governo o non ha fatto nulla per migliorare i fondamenti della nostra economia (come nella pubblica amministrazione) oppure ha contribuito a peggiorare le cose. Nei mesi che verranno, i dazi di Trump manderanno l’economia in recessione. Il governo non ha intenzione di fare un’operazione di equità fiscale colpendo rendite e privilegi. L’impossibilità di affrontare il declino dell’Italia rischia di aprire a breve una nuova fase, drammatica, nella vita del paese

In questi anni, grazie anche alla benevolenza dei mercati, il governo ha costruito una narrazione ottimistica sull’economia italiana che non solo è molto lontana dalla realtà (dalla vita delle persone), ma rischia ora di andare in frantumi. Nei prossimi mesi, l’economia può essere l’iceberg che affonda il Titanic della maggioranza.

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Partiamo dai dati. Dal 2023, il Pil italiano è tornato a crescere al di sotto della media dell’eurozona (e il divario negativo è aumentato nel tempo). La produzione industriale ha registrato ben 26 mesi di diminuzione continua e, dopo una breve ripresa a maggio e giugno, adesso è di nuovo in flessione. Con Meloni, l’Italia ha quindi ripreso il triste cammino del declino rispetto al resto d’Europa (la quale è a sua volta in declino rispetto a Usa e Cina).

Ma non stupisce. In quasi tre anni il governo o non ha fatto nulla per migliorare i fondamenti della nostra economia (come nella pubblica amministrazione) oppure, con le sue scelte, ha contribuito a peggiorare le cose: dalle politiche fiscali e per la concorrenza, che hanno favorito la rendita e i gruppi di interesse a scapito dell’innovazione e della crescita dimensionale (emblematico è il caso dell’estensione del regime forfettario, che incentiva il nanismo delle imprese e rende più conveniente l’evasione), all’istruzione e ricerca scientifica, fortemente depotenziate, alle politiche industriali, dove il piano Transizione 5.0 è un clamoroso fallimento rispetto al precedente Industria 4.0, fino ai ritardi e alle cancellazioni del Pnrr.

Quanto poi al «record di occupazione», questo è solo un inganno propagandistico: la crescita di occupati, stabili, si deve essenzialmente agli over 55, vale a dire al fatto che è stata ritardata l’età pensionabile; fra i giovani, aumenta invece il lavoro precario e sottopagato, che il governo favorisce, e che contribuisce alla crisi demografica. Per giunta, i salari reali diminuiscono, perché l’inflazione si mangia il potere d’acquisto. Ecco perché la povertà aumenta, mentre sempre meno italiani possono permettersi di andare in vacanza (lo vediamo in queste settimane). Ed ecco perché la domanda interna si riduce, mentre quella estera è falcidiata dai dazi e dalla svalutazione del dollaro, cioè dalle politiche di Trump (che Meloni agevola, in Europa).

L’effetto Trump

Nei mesi che verranno i dazi di Trump, con ogni probabilità, manderanno l’economia in recessione. E questa sarà ancor più dolorosa perché arriverà non dopo un ciclo espansivo, ma dopo una lunga stagnazione. Inciderà quindi su un tessuto economico e sociale già duramente provato. Ma il governo sembra non curarsene.

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Progetta di impegnare le nostre scarse risorse per: l’aumento delle spese militari, progressivo, da qui al 2035 (e che si tradurrà soprattutto nell’acquisto di armamenti americani, con scarso impatto sul Pil e che ci rende ancora più dipendenti dagli Usa); un’opera faraonica, dai tempi e costi altamente incerti e in buona parte inutile date le condizioni dei trasporti al Sud, come il ponte di Messina (ben 13 miliardi, oltre 4 volte quel che spendiamo nel Pnrr per gli asili nido); i ristori alle imprese per i dazi di Trump (facendone quindi ricadere i costi su tutti gli italiani e scoraggiando, ancora una volta, l’innovazione e la ricerca di nuovi mercati).

I privilegi

Dato che il governo non ha alcuna intenzione di fare una seria operazione di equità fiscale colpendo rendite e privilegi (rema anzi in senso contrario), ne consegue che nulla o quasi rimarrà per affrontare i costi sociali della crisi, per rafforzare la domanda interna.

Al contrario, si prospettano tagli severi; a meno di non far saltare l’equilibrio di bilancio e ritrovarci quindi anche con l’instabilità finanziaria, nel pieno della recessione (e perdere anche la benevolenza dei mercati). In breve: l’impossibilità strutturale di questa maggioranza di affrontare il declino dell’Italia, unita alla sua subordinazione a Trump, rischia di aprire a breve una nuova fase, drammatica, nella vita del paese. E negarlo non fa che peggiorare le cose.

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