21 Agosto 2025
La falce di Bruxelles sull’agricoltura italiana: Pac addio e taglio del 20% dei fondi, tutte le ricadute sul primario lombardo


di
Massimiliano Del Barba

L’assessore regionale all’Agricoltura Alessandro Beduschi: «Con questi tagli si minaccia la tenuta stessa del settore»

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La mannaia della seconda Commissione von der Leyen sul futuro, non solo finanziario, dell’agricoltura lombarda. Se nei prossimi due anni ci sarà certamente tempo e spazio da parte della politica e dei sindacati di categoria per fare lobbing sul fine tuning dello schema di bilancio europeo relativo al periodo 2028-2034, come ha scritto Ferruccio de Bortoli su L’Economia del Corriere a inizio agosto, quel che è certo è che per il nostro settore primario sarà l’inizio di una fase inedita e, sotto molti aspetti, più complessa della sua storia.

Bruxelles, nella sua proposta al Parlamento europeo dello scorso 17 luglio, vuole infatti ridurre la parte riservata all’agricoltura da 380 a 300 miliardi, accorpando la (oramai) vecchia Pac (la sigla stava per Politica agricola comune) ad altri interventi di natura sociale, nazionalizzando di fatto le decisioni di spesa. 




















































Per accedere ai fondi, gli Stati dovranno presentare quindi piani nazionali e regionali che verranno vagliati e monitorati dalla Commissione, seguendo in sostanza il modello Pnrr.
Fatti due conti, e al netto degli equivalenti fondi di coesione, l’Italia ha ricevuto per il periodo 2021-2027 poco più di 37 miliardi di euro. La riduzione del 20% prospettata da Bruxelles porterebbe la quota riservata a Roma a 30 miliardi di euro, il che significherebbe per la Lombardia scendere sotto i 2,3 miliardi tra pagamenti diretti e sviluppo rurale. La nuova Pac in formato super light, per la provincia di Brescia, in virtù del suo peso specifico, dovrebbe dunque corrispondere a una cifra complessiva di poco superiore al mezzo miliardo di euro.

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Un bel problema, dato che, solo per stare all’ultimo anno, praticamente la totalità delle risorse finanziarie (il 97,6%) messe a disposizione dall’Europa per il territorio regionale attraverso il Psn (altro acronimo, che questa volta sta per Piano strategico nazionale) è stata girata alle 43.500 aziende agricole lombarde.

Comprensibile, da questo punto di vista, il disappunto dell’assessore all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste della Regione Lombardia, il mantovano Alessandro Beduschi, il quale commenta: «Siamo di fronte a una proposta scellerata per l’agricoltura di bilancio Ue, che fortunatamente è solo un’ipotesi ma che, se confermata, segnerebbe una vera e propria resa dell’Europa sulla sovranità alimentare. Ci avevano detto che l’agricoltura sarebbe stata al centro delle politiche europee, ma il ravvedimento è durato lo spazio di una campagna elettorale. Ora, con un taglio del 24% alla Pac e senza più strumenti per le Regioni, si minaccia la tenuta stessa del settore primario. Economia, ambiente, biodiversità e territori sarebbero travolti insieme».

Nata nel 1962 come strumento di sostentamento al reddito di un settore, il primario appunto, indispensabile per garantire il sostentamento alimentare a un continente messo in ginocchio da cinque anni di guerra, cresciuta negli anni fino a rappresentare, insieme alle politiche di coesione, circa i due terzi del bilancio comunitario, nell’ultimo decennio la Pac è diventata un importante aiuto per le imprese che stanno intraprendendo la transizione tecnologica verso la digitalizzazione, la sostenibilità ambientale e il benessere animale. 

«Il primario — prosegue Beduschi — dovrebbe essere considerato strategico in un paese sovrano che punta alla sua autosufficienza alimentare, alla salute pubblica e al bene comune. Purtroppo l’Europa ha smarrito questa vocazione. Lo ha fatto in passato inseguendo un green deal dagli obiettivi ideologici ma non economicamente sostenibili che non ha fatto altro che alimentare ingiustificati isterismi ambientalistici. Lo fa oggi tagliando risorse vitali a un comparto che è al centro delle dinamiche geopolitiche contemporanee. Da una parte — conclude l’assessore — ci sono le tensioni sui mercati internazionali, che mettono a rischio la competitività dei nostri prodotti di eccellenza. Dall’altra, l’Europa vuole mettere gli agricoltori nelle condizioni di chiudere. E tutto ciò è assolutamente inaccettabile. Noi non accetteremo mai l’idea che la produzione di cibo venga delegata altrove. E, magari, senza le nostre garanzie di qualità e i nostri controlli. Ci auguriamo che il Parlamento europeo sappia sconfessare questa idea pericolosa».

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16 agosto 2025 ( modifica il 16 agosto 2025 | 23:53)

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