21 Agosto 2025
Il caldo mette in difficoltà le imprese della frutta



I n cinque anni la frutticoltura italiana ha perso migliaia di ettari e si è ritrovata a combattere non solo con mercati più difficili ma con un clima avverso che non ha fatto sconti alle imprese. Lo dice Confagricoltura che, a poco più di un mese dalla fine dell’estate, ha messo in fila numeri e considerazioni sull’andamento del comparto che vive in questo giorni uno dei periodi più intensi dell’anno. Dal punto di vista dei produttori, gli ultimi mesi sono stati segnati da due aspetti. Da un lato il contesto internazionale segnato da forti tensioni e instabilità che hanno ripercussioni dirette e profonde sulla produzione e sulla competitività del settore. Dall’altro il cambiamento climatico che, oltre a ridurre le rese, sta favorendo il proliferare di insetti “alieni” e parassiti, aggravando ancora di più i problemi legati alla sanità delle coltivazioni.
Su tutto, però, emerge quanto accennato prima: la frutticoltura italiana ha perso davvero terreno. Secondo un’elaborazione Confagricoltura su dati Istat, infatti, negli ultimi cinque anni le superfici investite sono diminuite: -23% pere (la cui produzione in Emilia-Romagna è scesa dai 10 milioni di quintali del 2000 agli 1,7 milioni attuali); -11% pesche, -8% nettarine, -7% albicocche, -6% kiwi e susine. Un tracollo solo in parte compensato dalle tecniche produttive e dai mercati. Nel primo trimestre 2025, i volumi di acquisto di ortofrutta sono aumentati del 2% rispetto allo stesso periodo del 2024, con una crescita del 5% in termini di spesa. La frutta estiva ha registrato un incremento dell’1% in volume e del 6% in valore. L’andamento complessivo del settore, viene spiegato, mostra timidi segnali di ripresa dei consumi, ma i produttori italiani sono sempre più in affanno. Gli agricoltori, infatti, ora stanno affrontando le dirette conseguenze che derivano dal clima: la diminuzione delle quantità prodotte, l’aumento dei costi di gestione, ad esempio per l’irrigazione d’emergenza. Tutto questo si traduce in una compressione della redditività delle imprese e in conseguenze negative sull’intera economia agricola e agroalimentare. I produttori chiedono quindi un’accelerazione della ricerca e il sostegno degli investimenti per produrre colture resistenti al clima e ai parassiti, con alti standard qualitativi. Ma tutto questo potrebbe non bastare. Ancora gli addetti ai lavori indicano nella disponibilità di manodopera un altro elemento cruciale. «Non si trovano lavoratori qualificati: senza personale disponibile e formato, anche le innovazioni rischiano di rimanere al palo».
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