
L’artigianato umbro è in declino. Un crollo più accentuato rispetto alla media delle altre regioni italiane. Secondo l’ultimo rapporto della Cgia di Mestre, tra il 2014 e il 2024, le imprese artigiane in Umbria sono diminuite di 8.306 unità, registrando un calo del 26,9%. Il dato supera la media nazionale, che si attesta al -22,4%. Solo le Marche hanno registrato una performance peggiore, con una perdita del 28,1%. Nell’ultimo anno analizzato, tra il 2023 e il 2024, in Umbria hanno cessato l’attività 1.303 aziende artigiane, equivalente a un decremento del 5,5%, a fronte di una media italiana del -5%. Questa situazione critica accomuna tutte le regioni d’Italia, caratterizzata da dati eterogenei ma accomunati dal segno negativo.
Nel complesso il numero degli artigiani presenti nel nostro Paese ha subito un crollo verticale di quasi 400mila unità, nello stesso decennio considerato. Se nel 2014 ne contavamo 1,77 milioni, l’anno scorso la platea è scesa a 1,37 milioni, informa l’Ufficio studi Cgia, che ha rielaborato i dati Inps. Solo per la mole inusitata di investimenti nelle opere pubbliche legati al Pnrr e agli effetti positivi derivanti dal Superbonus, il comparto casa ha “frenato” la caduta del numero totale degli artigiani.
Non tutti i settori hanno subito la crisi. Quelli del benessere e dell’informatica presentano dati in controtendenza. “Nel primo si continua a registrare un costante aumento degli acconciatori, degli estetisti e dei tatuatori. Nel secondo, invece, sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i videomaker e gli esperti in social media. Va altrettanto bene anche il comparto dell’alimentare”, fa sapere Cgia. Stanno invece scomparendo idraulici, elettricisti, fabbri, serramentisti, tanto che sono già a rischio le riparazioni. E i pochi che restano fanno lievitare i costi.
Tra le cause del crollo delle imprese artigiane ci sono “l’invecchiamento progressivo della popolazione artigiana, provocato in particolar modo anche da un insufficiente ricambio generazionale, la feroce concorrenza esercitata nei decenni scorsi dalla grande distribuzione e in questi ultimi anni in particolare dal commercio elettronico, il peso della burocrazia, il boom del costo degli affitti e delle tasse nazionali”. La riduzione – segnalano gli analisti di Mestre – è in parte riconducibile anche “al processo di aggregazione che ha interessato alcuni settori dopo le grandi crisi del 2008-2009, 2012-2013 e 2020-2021”. Gli artigiani cioè si sono uniti aumentando massa critica e diminuendo di numero. Una dinamica per certi versi virtuosa. Anche se l’offerta sul territorio è diminuita. Come invertire la tendenza? Per la Cgia serve rimettere al centro l’istruzione professionale, troppo spesso considerata di serie B rispetto ai licei.
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