
Sempre più finanziamenti al settore, ma default, ritardi e fragilità non mollano la presa.
Credito in fermento e ombre sul futuro
Nel primo trimestre del 2025, il settore turistico italiano (spaziando da ristoranti e bar a hotel e agenzie di viaggio) ha visto una crescita robusta, sui 20,1%, dei finanziamenti erogati alle società di capitali rispetto allo stesso periodo del 2024. Questo balzo supera nettamente il +8,6% registrato nel complesso delle imprese italiane. Dunque, la vitalità del comparto è evidente: flussi turistici in ripresa post-pandemia e migliori condizioni creditizie hanno spinto il comparto a brillare… almeno sotto certi aspetti.
Il risiko del default: fragilità sotto la superficie
Ma la vitale corsa del credito nasconde fragilità importanti. A dicembre 2024, il tasso di default per le società di capitali turistiche si attesta al 4%, 0,3 punti percentuali in più rispetto a giugno 2024. È un dato drammatico se comparato alla media nazionale del 2,74%. Se poi si guarda al micro-settore della ristorazione, la situazione peggiora ulteriormente con default intorno al 5%.
Il CEO di CRIF Ratings, Luca D’Amico, rincara la dose: il 2024 ha visto un ritorno alla “normalità” dopo il declino pandemico, ma “permangono fragilità” che hanno portato a tassi di default elevati. E la prospettiva per la fine del 2025 non è rassicurante: si attende un ulteriore aumento dello 0,5 punti percentuali del tasso di default, seppure meno intenso rispetto a quello previsto per l’intero tessuto economico nazionale.
Pagamenti in ritardo: la cleptomania dei conti correnti
Non bastasse, emergono problemi anche nei pagamenti commerciali. A giugno 2025, solo il 26,4% delle imprese turistiche paga puntualmente, rispetto al 44% della media italiana. Il 19,4% ritarda oltre i 30 giorni (vs 12,9% nel totale imprese), e il 6,2% supera addirittura i 90 giorni di ritardo (vs 4,3%).
Nel dettaglio, la ristorazione sconta maggiori ritardi: il 75,4% paga in ritardo, e il 6,8% accumula più di 90 giorni di ritardo. Le agenzie di viaggio e i servizi di alloggio se la cavano un po’ meglio, ma con ritardi comunque superiori alla media.
Bilanci, leva e liquidità: quadro misto
Guardando ai bilanci del 2023, il turismo presenta:
- Leva finanziaria peggiorata rispetto alla mediana nazionale: 5× contro 3×.
- Copertura interessi inferiore (circa 9× vs 12×).
- Liquidità migliore, grazie anche a business model che prevede acconti (come per agenzie di viaggio) vs incassi immediati nella ristorazione: 170% vs 130% della mediana nazionale.
Il quadro dunque è contraddittorio: il settore ha liquidità e credito, ma paga di meno e rischia di più.
Il settore italianissimo: frammentato, fragile e geograficamente sbilanciato
Il turismo vale una galassia di circa 415 mila imprese, di cui:
- 45% sono ditte individuali,
- 32% società di capitali,
- 23% società di persone.
Geograficamente, il Mezzogiorno e le Isole contano oltre un terzo delle imprese. Tra le regioni più densamente popolate da operatori turistici spiccano: Lombardia (13,1%), Lazio (11,4%) e Campania (10,6%). Settore eterogeneo, molto legato a stagionalità, concorrenza feroce, soggetto a eventi climatici, cicli economici e carenza di personale qualificato: una dinamica che rende ogni impulso positivo fragile e ogni sfida potenzialmente fatale.
Vitalità e fragilità
Il turismo italiano mostra da un lato una ritrovata vitalità: flussi turistici in ripresa, credito in forte crescita. Dall’altro, fragilità latenti che rischiano di far naufragare il comparto nel mare dei ritardi, insolvenze e pressione finanziaria.
È come se la locomotiva fosse carica di carburante (credito e liquidità), ma con ruote consumate e binari instabili. Senza interventi strutturali sul capitale umano, sull’offerta innovativa e sulla gestione finanziaria, l’inarrestabile +20% potrebbe trasformarsi presto in un rallentamento imprevisto.
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