20 Agosto 2025
dal 2011 al 2024 sono emigrati 1.755 ragazzi che spesso non tornano


ROVIGO – «Rovigo rischia di svuotarsi, nel senso più concreto del termine. Senza giovani, tra dieci anni ci ritroveremo con meno scuole, meno servizi, meno economia. Non possiamo accettare questa lenta agonia come se fosse inevitabile». A dirlo è Mattia Albertin per Volt Europa: il coordinatore regionale del Movimento politico europeo federalista descrive come un’emorragia di competenze e idee che rischia di trasformare radicalmente il volto della provincia, la migrazione, dal 2011 al 2024, di 1.755 giovani polesani che nella maggior parte dei casi, non fanno più ritorno.

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In Polesine i ritorni sono quasi inesistenti, perché «su circa tremila diplomati polesani ogni anno, meno di 800 restano in provincia dopo il diploma e solo uno su cinque torna dopo aver conseguito una laurea». Volt Europa precisa che dai 47 nel 2011, sono aumentati a 192 nel 2024 i giovani under 35 che hanno lasciato il Polesine per trasferirsi altrove, in Italia o all’estero, in cerca di opportunità migliori: questa crescita è costante e fotografa un trend ormai strutturale.

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E preoccupa ancora di più il fatto che oltre il 61% di chi parte sia laureato. Per il movimento politico, così, Rovigo è oggi la provincia veneta con il tasso più alto di fuga di cervelli: a spingere i giovani a partire è la cronica assenza di opportunità, con il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) che nel 2024 ha raggiunto il 15,6%, contro una media regionale del 10,9%, e il dato sui giovani tra 15 e 29 anni che non studiano e non lavorano arrivato al 17,5%, rispetto alla media veneta del 10,5%.

Carenze e proposte

Nel vuoto di prospettive, Volt Europa descrive il territorio polesano «strutturalmente non competitivo: mancano un’università autonoma, veri centri di ricerca e poli di innovazione capaci di trattenere o attrarre i giovani». E sono «ancora troppo modesti i numeri dell’Its Marco Polo Academy sulla logistica».

Volt Europa propone un piano regionale in cinque misure per contrastare la fuga di cervelli: con il programma “Rientro giovani”, offrire incentivi a chi torna in Veneto dopo esperienze altrove; creare a Rovigo con fondi europei un Polo dell’innovazione per unire formazione post diploma, start-up tecnologiche e impresa sociale; riconoscere sgravi fiscali alle imprese che assumono giovani a tempo indeterminato; allestire campus universitari decentrati in collaborazione con gli atenei di Padova e Ca’ Foscari; e come quinta misura, investire su trasporto e digitale «per rendere anche Rovigo, Adria e Badia Polesine luoghi attrattivi per lavorare, anche da remoto. La Regione ha gli strumenti per cambiare rotta, ma serve la volontà politica di farlo. Non possiamo lasciare che i nostri giovani siano costretti a partire per avere una vita dignitosa».
 





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