
Il rilancio dell’imprenditoria giovanile nel Sud Italia passa anche da strumenti di finanza agevolata mirati, tra cui Resto al Sud 2.0, una misura che amplia le possibilità di accesso al credito e ai contributi a fondo perduto per chi ha un progetto innovativo e sostenibile. La misura è pensata per giovani under 35 che si trovano in condizione di inattività o disoccupazione, con l’obiettivo di favorire la nascita di microimprese, attività autonome e progetti professionali. La logica del bando è chiara: sostenere chi vuole avviare un’attività nel Mezzogiorno, riducendo drasticamente la barriera dell’investimento iniziale e premiando in particolare i progetti digitali e green.
Capire i requisiti di Resto al Sud 2.0 è fondamentale per impostare correttamente un piano imprenditoriale e non incorrere in errori durante la fase di candidatura. Il bando, infatti, non si limita a finanziare, ma richiede anche una progettualità credibile e un piano di spesa coerente. In questa guida analizzeremo in dettaglio chi può accedere, quali sono i contributi previsti, quali spese sono ammissibili e come sfruttare al meglio questa opportunità .
Resto al Sud 2.0 requisiti anagrafici e territoriali per l’accesso al bando
Il programma è rivolto a giovani tra i 18 e i 35 anni, che si trovino nelle condizioni di disoccupati, inoccupati o inattivi. Questo significa che la platea di riferimento è composta da chi non ha ancora un lavoro stabile e intende trasformare un’idea in un’attività concreta, oppure da chi, pur avendo terminato studi o esperienze formative, non è ancora entrato nel mercato del lavoro. Si tratta di un criterio selettivo che mira a creare nuove opportunità di occupazione e autoimpiego nel Sud Italia, offrendo strumenti concreti a chi altrimenti avrebbe difficoltà ad avviare un’impresa.
Un altro elemento imprescindibile riguarda il requisito territoriale: l’iniziativa è riservata a chi risiede o si impegna a trasferire la residenza nelle regioni del Mezzogiorno, ovvero Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Questa condizione è strettamente legata alla missione del programma, che nasce con la finalità di riequilibrare i divari economici tra Nord e Sud. Un progetto che non preveda lo sviluppo nel territorio delle regioni ammissibili non può accedere al beneficio, neppure con sede legale al Sud ma operatività altrove.
Tipologie di attività e spese ammissibili con Resto al Sud 2.0
La misura finanzia tre categorie di progetti: microimprese, attività di lavoro autonomo e iniziative libero-professionali. Questa apertura consente sia al singolo libero professionista che a un piccolo gruppo di soci di strutturare un business plan e presentarlo per l’ottenimento dei fondi. È una caratteristica importante perché amplia notevolmente la platea dei beneficiari, andando oltre la tradizionale definizione di impresa.
Per quanto riguarda le spese, il bando ammette l’acquisto di attrezzature, macchinari, arredi, software, brevetti, servizi specialistici e persino investimenti in capitale circolante. Sono invece escluse le spese di pura gestione ordinaria non legate all’avvio dell’attività . In questo quadro, risultano particolarmente agevolate le attività che puntano sull’innovazione e sulla sostenibilità ambientale: i progetti green e digitali, infatti, possono ottenere un contributo a fondo perduto maggiore, fino a 50.000 euro rispetto ai 40.000 previsti come base. Questa discriminante spinge gli aspiranti imprenditori a valutare l’integrazione di componenti innovative nel proprio progetto, aumentando le chance di finanziabilità .
Contributi previsti dal bando e differenze in base all’entità dell’investimento
Il cuore di Resto al Sud 2.0 è rappresentato dal mix di contributi a fondo perduto proporzionati all’entità dell’investimento. Per i progetti fino a 120.000 euro, la copertura può arrivare fino al 75% delle spese ammissibili, mentre per gli investimenti tra 120.000 e 200.000 euro la percentuale si riduce al 70%. Questa logica premia i progetti di piccola e media dimensione, particolarmente rilevanti in territori dove la microimprenditorialità costituisce la spina dorsale dell’economia.
In termini assoluti, il finanziamento può arrivare fino a 40.000 euro a fondo perduto, incrementabili a 50.000 euro per progetti digitali, green o innovativi. È una cifra significativa se rapportata alla natura di microimpresa delle iniziative, capace di coprire gran parte dei costi di avvio senza ricorrere a forme di indebitamento bancario. Questo aspetto rende la misura molto più attrattiva rispetto a programmi che prevedono finanziamenti rimborsabili o linee di credito agevolate, perché elimina il peso della restituzione e consente una maggiore libertà nella pianificazione finanziaria.
Opportunità competitive e confronto con altri strumenti di finanza agevolata
Collocare Resto al Sud 2.0 all’interno del più ampio panorama della finanza agevolata permette di valutarne meglio i vantaggi. Rispetto alla versione originaria di Resto al Sud, che prevede un mix tra fondo perduto e finanziamento agevolato fino a 60.000 euro a beneficiario, la nuova misura punta su contributi più diretti e su una platea più giovane, riducendo i limiti di accesso. È inoltre complementare ad altri strumenti nazionali come ON – Oltre Nuove Imprese a Tasso Zero, che finanzia progetti fino a 3 milioni di euro, ma richiede strutture più complesse e spesso esperienze imprenditoriali pregresse.
Il raffronto con l’Autoimpiego Centro-Nord Italia chiarisce ulteriormente la logica territoriale del programma: mentre al Nord e Centro i contributi a fondo perduto arrivano al 65% con voucher fino a 40.000 euro, al Sud la misura è calibrata per fornire fino al 75% delle coperture, con incentivi maggiori alle iniziative sostenibili. Questo differenziale dimostra come le politiche di sviluppo siano orientate a colmare gap strutturali, offrendo condizioni di favore a chi sceglie di investire in territori meno competitivi ma con ampie potenzialità di crescita.
Conclusioni operative: come candidarsi a Resto al Sud 2.0 requisiti e prossimi pass
Chi intende presentare domanda deve innanzitutto verificare di rientrare nei requisiti anagrafici e territoriali, poi predisporre un piano imprenditoriale dettagliato con analisi dei costi, strategie di mercato e proiezioni di sostenibilità economica. La coerenza tra idea, investimento e spese ammissibili rappresenta uno dei fattori principali nella valutazione delle richieste. È consigliabile supportarsi con professionisti della finanza agevolata per evitare errori formali o sottovalutare aspetti istruttori che possono compromettere l’approvazione del progetto.
Il passo successivo consiste nell’inoltrare la candidatura attraverso i canali ufficiali, allegando tutta la documentazione richiesta. Considerata la competizione e la selettività del bando, presentare un progetto ben strutturato è determinante. Per questo motivo, rivolgersi a consulenti specializzati può aumentare sensibilmente le probabilità di successo, trasformando un’idea imprenditoriale in un’attività reale e sostenuta da contributi pubblici. Se stai valutando l’accesso a Resto al Sud 2.0, il momento giusto per muoversi è adesso: una consulenza mirata può fare la differenza tra una candidatura respinta e un’impresa avviata con fondi già disponibili.
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