21 Agosto 2025
Compagnie assicurative italiane: tra eventi estremi e transizione sostenibile l’ ESG avanza, ma a rilento


Solo nel 2023 le compagnie assicurative italiane hanno sostenuto oltre 7 miliardi di euro di oneri legati a sinistri climatici, un incremento di oltre tre volte rispetto alla media del quinquennio precedente. Al contempo, la raccolta premi per rischi catastrofali è salita a 2,8 miliardi di euro (+12,4% sul 2022), segno di un’esposizione crescente al rischio climatico e della necessità di un riassetto dei modelli assicurativi, gestionali e finanziari del comparto. Sono questi alcuni dei dati più rilevanti emersi dal terzo monitoraggio annuale sui rischi da catastrofi naturali e di sostenibilità, riferito all’anno 2023 e pubblicato nel giugno 2025 da Ivass, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni. L’indagine, condotta su 89 società attive in Italia, mostra come il settore sia sottoposto a una pressione crescente per integrare in modo strutturale i fattori ESG (ambientali, sociali e di governance) sia nelle politiche di sottoscrizione sia nei portafogli d’investimento.

Governance ESG e sottoscrizione assicurativa: un cammino ancora irregolare

Il 93% delle compagnie ha dichiarato di aver già integrato o di voler integrare i fattori ESG nei propri sistemi di governance, ma con importanti differenze di scala. Le compagnie di grandi dimensioni sono, infatti, dotate di comitati ESG dedicati o di alta direzione, mentre quelle più piccole integrano le competenze ESG in strutture già esistenti. In particolare:

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  • il 46% delle compagnie ha comitati consiliari con attribuzioni in materia ESG, di cui solo il 6,4% è dedicato specificamente a tali temi;
  • il 55,6% delle compagnie ha comitati di alta direzione con mandati in materia ESG, di cui il 27,2% con competenze specifiche, scelta adottata da ulteriori 13 compagnie rispetto al precedente esercizio;
  • nel 74,3% delle compagnie le competenze sui fattori ESG sono affidate a funzioni di alta direzione; il 19,2% sono specificamente dedicate a tali temi.

Per incentivare la buona gestione dei rischi e delle opportunità di sostenibilità, oltre la metà delle imprese collega la remunerazione del personale a obiettivi di sostenibilità.

L’analisi degli impatti climatici è sempre più centrale nella gestione dei rischi assicurativi

Stando all’analisi dell’Ivass oltre il 75% delle imprese ha dichiarato di aver svolto valutazioni di materialità per i rischi fisici e di transizione: di queste il 66% ha effettuato analisi di scenario con orizzonti temporali che arrivano fino al 2050, adottando modelli sviluppati da NGFS (Network for Greening the Financial System) e IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change).

A livello generale gli scenari con aumento delle temperature superiori ai 2°C sono considerati i più impattanti sul piano assicurativo. Le compagnie hanno già avviato azioni di mitigazione quali revisione delle tariffe, dei limiti contrattuali e/o esclusione di alcuni eventi dalla copertura; piani di riassicurazione per eccesso di sinistro al fine di mitigare i sinistri punta, presidi di controllo e di limiti di tolleranza per l’attività di sottoscrizione di rischi fisici e di investimento sostenibili.

Pressione da eventi estremi e profittabilità sotto stress

Tra il 2018 e il 2023 la raccolta premi per le coperture da catastrofi naturali è passata da 1,8 a 2,8 miliardi di euro. Ma i sinistri hanno seguito una curva ancora più ripida: solo nel 2023 le perdite legate a eventi climatici hanno superato i 7 miliardi (mentre tra il 2018 e il 2022 erano ferme a 1,5-2 miliardi).

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Nel primo caso l’incremento dei premi raccolti è dovuto principalmente a un aumento dell’esposizione delle compagnie ai rischi sottoscritti (primo fra tutti il rischio inondazione che nel 2023 è cresciuto del 15% per gli immobili commerciali e dell’8,6% per le residenze). Non è un caso infatti che la quasi totalità dei premi per rischi catastrofali proviene dalle polizze “incendio e altri danni ai beni” e dal segmento “altre assicurazioni auto“.

Anche nel secondo caso l’aumento degli oneri per sinistri è dovuto soprattutto ad eventi climatici avversi e di forte intensità che hanno interessato nello specifico le grandi città. Nel 2023, infatti, gli oneri complessivi per i sinistri pagati e riservati e le spese di gestione è risultato pari al 352% dei premi di competenza, raggiungendo il valore più alto dal 2018.

Particolarmente critica è la situazione per il rischio grandine, che rappresenta il 66,5% dei premi raccolti e ben il 73,9% dei sinistri pagati.

Questi eventi estremi hanno portato a un’intensificazione del ricorso alla riassicurazione (+13,4% nel 2023), con una quota di premi ceduti che ha raggiunto il 38,2% del totale per i rischi climatici, oltre il doppio rispetto alla media del ramo danni (18,4%).

Investimenti sostenibili e transizione: un percorso a ostacoli

Sul versante finanziario, le compagnie italiane detengono circa 64 miliardi di euro (pari al 6,4% del totale investito) in settori esposti a rischi di transizione, di cui 10 miliardi in comparti legati ai combustibili fossili.

Il 79% delle imprese ha dichiarato di aver adottato una politica di investimenti sostenibile, segnando un leggero aumento con la precedente rilevazione. Nello specifico è in crescita il numero di imprese che ha fissato un obiettivo di decarbonizzazione del portafoglio investimenti, in linea con quello fissato dall’Accordo di Parigi, che prevede emissioni nette nulle di gas serra entro il 2050. Tali imprese costituiscono una quota di mercato del 67% in termini di investimenti totali.

I dati hanno evidenziato, inoltre, che nel 2023, l’intensità media delle emissioni associate agli investimenti del settore assicurativo è stata stimata in 74 tonnellate di CO₂ per milione di euro investito (Scope 1) e 13 tonnellate (Scope 2). Si tratta di un dato ancora parziale a causa delle difficoltà segnalate dalle compagnie nel reperire dati completi, soprattutto sugli investimenti indiretti.

Infine le imprese segnalano difficoltà persistenti nell’adozione di piani di transizione: solo 4 gruppi hanno già redatto un piano completo, mentre altri 18 stanno lavorando a uno schema. A pesare sono sembrano essere soprattutto la complessità normativa, dati incompleti e la carenza di metriche ESG condivise, le difficoltà di previsione della profittabilità e la necessità di adattare l’intero modello aziendale.

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