22 Agosto 2025
i dati Ue rivelano divari strutturali nonostante 15 miliardi di fondi


Continua il nostro viaggio nelle emergenze della Calabria affidato ai contributi del professore Domenico Marino. Dopo l’analisi sulla sanità (potete leggerla qui) è la volte delle politiche per l’innovazione. 

Nel misurare il grado di innovazione della Calabria appare opportuno partire dall’European/Regional Innovation Scoreboard nella sua edizione 2025, che fornisce per ogni regione un insieme coerente di indicatori comparabili alla media dell’Unione europea (Ue=100). Nel Rapporto 2025 la Calabria presenta un punteggio complessivo pari a 75,9 punti rispetto alla media Ue, rientrando nella fascia dei “Moderate Innovators”, ma solo al 165esimo posto nel rank fra le regioni europee. La fotografia della Calabria presenta alcune deboli luci, ma i nodi strutturali restano evidenti e, se si fa un benchmark rispetto all’Ue, mostrano una distanza ampia soprattutto sul capitale umano, sulla dotazione di competenze digitali e sull’intensità della spesa privata in R&S. [1]

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Capitale umano: laureati e formazione continua restano troppo bassi

La prima chiave di lettura, cruciale perché alimenta tutte le altre dimensioni dell’innovazione, è sicuramente il capitale umano. Due indicatori sintetizzano il ritardo: la quota di 25–34enni con istruzione terziaria e la partecipazione degli adulti alla formazione continua. Nel 2025, l’indice della Calabria sulla quota di giovani laureati è 33,1 (Ue=100), cioè circa un terzo della media europea; quello sulla formazione continua è 49,2. Tradotto in livelli, utilizzando i livelli Ue più recenti disponibili (nel 2024 il 44,2% dei 25–34enni nell’Ue ha un titolo terziario e il 15,3% degli adulti 25–64 ha partecipato a percorsi formativi nelle ultime quattro settimane), la Calabria si colloca intorno al 14,6% per i giovani con titolo terziario e attorno al 7,5% per la formazione continua. Sono valori che rendono esplicita la portata del divario formativo con l’Europa. Basso tasso di laureati e scarsa formazione continua restano dunque due punti di debolezza cardine, tanto più perché la stessa serie del Ris segnala, nella finestra 2023–2025, un lieve recupero sulla formazione terziaria (+7,2 punti relativi), ma un forte calo nella formazione continua (-13,3). [1][3][4][6]

Digitalizzazione: imprese avanti sul cloud, ma mancano specialisti ICT

La seconda chiave di lettura è la digitalizzazione del tessuto produttivo e del lavoro. Qui l’immagine è bifronte. Sul lato delle tecnologie adottate dalle imprese, la Calabria mostra un indice molto alto nell’uso del cloud (145,8 contro Ue=100), segno che una parte del sistema imprenditoriale regionale ha imboccato la strada dell’adozione di servizi avanzati. Sulle infrastrutture di base, misurate come “penetrazione della banda larga nelle famiglie”, l’indice è 73,8: meglio del passato, ma ancora lontano dallo standard europeo. Soprattutto, la frattura più profonda riguarda le competenze: l’indicatore “specialisti Ict sull’occupazione totale”, stimato a livello regionale dal Ris, si ferma a 31,2. È un valore molto basso per un’economia che ambisca a innovare su base digitale: la carenza di specialisti Ict è un collo di bottiglia evidente, e nel periodo 2023–2025 l’indicatore è in ulteriore calo. [1][5][6]

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Ricerca e sviluppo: spesa privata ancora troppo debole

La terza chiave di lettura è quella degli investimenti in Ricerca e Sviluppo. Il Ris 2025 segnala per la Calabria un’intensità di R&S nel settore pubblico pari a 58,9 (Ue=100) e, soprattutto, un indice nel settore privato fermo a 29,6. Se, per dare un’idea dell’ordine di grandezza, si ri-scalano ai livelli Ue più recenti, si ottiene una spesa privata in R&S nell’intorno di 0,4–0,45% del Pil (a fronte di un 1,47% Ue nel 2023) e una spesa pubblica (governo + università + Pnp) nell’ordine di 0,44–0,45% del Pil (Ue ~0,75% nel 2023). Pertanto, bassa intensità di Berd (spesa R&S d’impresa) e debolezza dell’ecosistema di finanziamento rimangono tra le vulnerabilità strutturali. [1][6][7]

Le PMI calabresi innovano più della media europea

La quarta chiave di lettura riguarda le attività innovative delle imprese, dove invece si osservano segnali positivi che nascono dall’iniziativa privata e prescindono dal pubblico. Ciò significa che non è il sistema produttivo calabrese che non è in grado di creare innovazione ma piuttosto che il basso posizionamento rispetto all’innovazione della Calabria dipende da un difetto di governance e un difetto di politiche di cui sono principalmente responsabili i policy maker pubblici regionali. Gli indicatori basati sulla Community Innovation Survey e riferiti alle Pmi mostrano indici sensibilmente superiori alla media Ue: 193,8 per le Pmi che introducono innovazioni di prodotto e 173,7 per quelle che innovano i processi. Anche le vendite di prodotti nuovi (nuovi per il mercato o per l’impresa) sono molto elevate (178,5). In altre parole, quando le imprese calabresi innovano, la trasformazione in fatturato c’è e supera la media Ue. Nella finestra 2023–2025, proprio questi indicatori registrano gli incrementi relativi più marcati, a conferma di una dinamica recente positiva sul versante “adozione e mercato”. È un aspetto trainante che, tuttavia, rischia di rimanere episodico se non si consolida la base di capitale umano e di R&S che alimenta il flusso di innovazioni nel medio periodo. [1][6]

Ricerca scientifica e brevetti: qualità alta, ma poco legame con le imprese

C’è poi la componente “sistema della ricerca” e proprietà intellettuale. La Calabria si colloca sotto la media Ue per le co-pubblicazioni internazionali (74,2 su base 100) ma sopra la media per la quota di pubblicazioni tra il 10% più citato (143,6 su base 100). Questo segnala nicchie di qualità scientifica che meritano di essere collegate meglio al tessuto produttivo. Il quadro delle proprietà intellettuali resta però debole: l’indice dei brevetti Pct è 34,8 (con un calo sensibile nel 2023–2025,-9,9), marchi 40,9, disegni 34,45. Bassi titoli di proprietà intellettuale significano un potenziale di valorizzazione industriale ancora compresso rispetto agli standard europei. Anche l’indicatore “collaborazioni pubblico–private” resta leggermente sotto la media Ue (95,5), mentre le “Pmi innovative che collaborano” sono poco sopra (107,7 rispetto all’Ue). Qui il tema è la capacità di scambio tra laboratori, università e Pmi: cresce, ma non abbastanza per colmare il gap strutturale. [1]

Occupazione e export tecnologico: innovazione senza lavoro e pochi prodotti hi-tech

Gli esiti sul mercato del lavoro e sull’export tecnologico confermano la diagnosi. L’indicatore “occupazione nelle imprese innovative” è pari a 37,2 contro UE=100, con un peggioramento marcato nel 2023–2025(-56,3): segnale che l’innovazione, laddove c’è, non si traduce ancora in occupazione aggiuntiva in misura comparabile agli standard europei. Il peso delle esportazioni di prodotti a media-alta tecnologia è 68,1, quindi molto sotto la media Ue. Qui il nodo è la specializzazione produttiva regionale, che il Ris evidenzia con gli “indicatori strutturali”: in Calabria l’occupazione nel manifatturiero è 5,7% contro 15,6% dell’Ue, l’Agricoltura è 11,0% contro 3,7% Ue, i Servizi sono allineati (65,0% contro 64,8% UE), e la Pubblica amministrazione pesa 7,83% contro 7,1% Ue. L’impresa media impiega 2,48 addetti (UE 4,86), la popolazione è meno urbanizzata (66,7% contro 76,1%) e il Pil pro-capite è 22.000 euro contro 38.100 Ue. Questi dati spiegano perché la regione fatichi ad agganciare la frontiera dell’export hi-tech e dell’innovazione “labour absorbing”. [1]

Il paradosso calabrese: innovazione d’adozione senza basi strutturali

Facendo un confronto fra il 2021 e il 2025, la Calabria mostra accelerazioni proprio sulle variabili di adozione e mercato: più Pmi innovative, più vendite da prodotti nuovi, più cloud nelle imprese. Secondo, sulle variabili “abilitanti” – laureati, lifelong learning, specialisti Ict, Berd – il recupero è insufficiente per ridurre rapidamente il divario relativo con l’Ue. Il risultato è un paradosso: segnali congiunturali molto buoni dove si innesta innovazione “di adozione”, ma basi strutturali (competenze e R&S privata) che restano fragili. [1][6]

Mettere in evidenza i punti di debolezza aiuta a chiarire le priorità. La prima è capitale umano: una quota di giovani laureati stimata intorno al 14–15% e un tasso di formazione continua attorno al 7–8% non offrono, da soli, la massa critica per sostenere nel tempo un ecosistema di innovazione comparabile agli standard europei. Anche se alcune filiere funzionano, la “piscina di talenti” rimane troppo piccola rispetto ai bisogni delle imprese che vogliono scalare. La seconda è competenze digitali applicate: con specialisti Ict che rappresentano all’incirca l’1,6% dell’occupazione, il sistema rischia di non disporre della forza lavoro necessaria per trasformare l’adozione di strumenti digitali in guadagni di produttività, organizzazione e qualità del prodotto. La terza è spesa privata in R&S: senza un salto in questo indicatore, l’innovazione delle Pmi rischia di concentrarsi su miglioramenti incrementali e sull’adozione di soluzioni esterne, senza un flusso interno di progetti tecnologici che generano brevetti, marchi, design e – soprattutto – vantaggi competitivi durevoli. [1][3][5][6][7]

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Dal confronto degli indicatori calabresi con la media Ue nel 2021–2025 si può evincere come la Calabria stia correndo dove è più facile correre nell’immediato – adozione e diffusione di innovazioni nelle Pmi, con ricadute sulle vendite – ma zoppichi là dove si costruiscono le performance di lungo periodo, cioè capitale umano terziario, formazione continua, specialisti Ict e spesa privata in R&S. La regione ha una base reale su cui innestare politiche mirate: più laureati Stem e Its, programmi di re-skilling e up-skilling per gli adulti, incentivi alla R&S d’impresa integrati con voucher per l’assunzione di specialisti Ict, e schemi che premino brevetti, marchi e design connessi a progetti collaborativi università–impresa, ma spesso le politiche pubbliche latitano nella costruzione di programmi efficienti in questo senso. I numeri del Ris, confrontati con gli aspetti strutturali (bassa manifattura, piccola dimensione d’impresa, urbanizzazione più bassa e Pil pro capite inferiore), suggeriscono che senza investimenti in queste leve la buona dinamica osservata nelle Pmi rischia di restare un’onda corta. [1][6][7]

Fondi pubblici ingenti, ma risultati troppo scarsi

Ma non possiamo, poi, non parametrare gli esiti delle performance dell’innovazione ai volumi di spesa pubblica mobilitati in Calabria nel periodo recente. Così facendo il quadro diventa più severo e preoccupante. Sul solo Pnrr, si quantifica in 10,369 miliardi di euro il valore dei progetti finanziati sul territorio (12.382 interventi) [1]. A queste risorse si sommano la dotazione finale del Por Fesr–Fse 2014–2020 pari a 2,223 miliardi (con coda di spesa fino al 2023) [2] e la dotazione del Por Fesr–Fse+ 2021–2027 pari a 3,060 miliardi (programmazione in corso) [3]. In totale, parliamo di circa 15,65 miliardi di euro tra Pnrr e Programmi Operativi allocati o programmati in Calabria. A fronte di una massa così ingente di risorse, gli indicatori del Regional Innovation Scoreboard 2025, letti rispetto all’Ue, mostrano livelli ancora bassi negli input chiave e peggioramenti nel biennio 2023–2025, proprio nel momento in cui ci si dovrebbe ragionevolmente attendere delle accelerazioni spinte dai molti miliardi di risorse investiti sul territorio. In altre parole: tanta spesa pubblica per produrre troppo poco in termini di capacità strutturale d’innovazione.

Politiche frammentate: serve una nuova strategia per innovazione e sviluppo

È difficile non leggere in questo scarto un problema di programmazione e gestione: finanziamenti “a pioggia”, frammentati e poco selettivi, senza un’idea di sviluppo e senza una politica industriale che concentri risorse su traiettorie e filiere prioritarie, finiscono per disperdere l’impatto. Con il risultato che, pur in presenza di picchi positivi lato Pmi e vendite da innovazioni, la distanza dai livelli europei sugli aspetti abilitanti rimane ampia e non mostra una tendenza al restringimento. Il punto politico da cui ripartire è riallineare spesa e risultati, scegliendo meno progetti, ma più strategici, condizionalità forti su capitale umano e R&S privata e governance che premi collaborazione università–impresa e protezione dell’intangibile [4].

L’urgenza di una rivoluzione nelle politiche pubbliche

Occorre, quindi, che la politica abbia il coraggio di investire sull’innovazione attraverso progetti ambiziosi, coordinati e con respiro ampio. Bisogna pensare a grandi progetti rivoluzionari a cui assegnare risorse sufficienti evitando di usare le risorse a scopi clientelari distribuendoli a pioggia e disperdendoli in mille rivoli. Il vizio di fondo di tutte le programmazioni passate e presenti dei Fondi strutturali è questo e il risultato evidente è la scarsa qualità e quantità dell’innovazione prodotta dal sistema Calabria come testimoniato dai dati del Ris. Riconoscere gli errori del passato è sicuramente il primo passo per evitare di commetterli nuovamente in futuro ed è, quindi, auspicabile una riprogrammazione del Pnrr e del Programmazione 2012-2027 che faccia tesoro di queste analisi.

Competitività e futuro: senza innovazione il destino è il declino

Perdere competitività e capacità innovativa oggi è molto pericoloso. Trent’anni fa una perdita di competitività produceva effetti ritardati sul Pil anche di decenni. Oggi la perdita di competitività si riflette quasi in tempo reale sul Pil. La programmazione dei prossimi anni deve essere l’occasione per invertire la rotta e per avviare un percorso di crescita dell’innovazione e di crescita della competitività e di attrazione di investimenti stranieri. Se non sfrutteremo questa occasione il nostro futuro sarà caratterizzato solo dalla parola Declino! Ma la classe politica calabrese sarà capace con un colpo di reni di realizzare questa rivoluzione nelle politiche pubbliche?

*Docente di Politica economica, Università Mediterranea di Reggio Calabria

Bibliografia

Regional Innovation Scoreboard 2025 – “Regional profile Italy – Calabria” (tabelle indicatori e livelli strutturali).

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European/Regional Innovation Scoreboard 2025 – Metodologia e quadro degli indicatori (anni di riferimento e definizioni).

Eurostat, “Educational attainment statistics”: quota UE di 25–34enni con istruzione terziaria nel 2024 (44,2%). (European Commission)

Eurostat, “Adult learning statistics”: partecipazione UE all’apprendimento permanente (4 settimane) nel 2024 (15,3%). (European Commission)

Eurostat, “ICT specialists in employment”: quota UE di specialisti ICT sull’occupazione nel 2024 (5,0%). (European Commission)

RIS 2025 – Methodology report: anni più recenti usati per ciascun indicatore (es. terziario e lifelong 2024; cloud 2023; BERD/GBARD 2021; ICT specialists 2024) e metodo di stima regionale per gli specialisti ICT.

Eurostat, “R&D expenditure – Statistics Explained”: intensità UE di R&S complessiva e per settore di esecuzione (BERD 1,47% del PIL nel 2023; GOV 0,24%; HE 0,48%; PNP 0,03%). (European Commission)

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