24 Agosto 2025
Boom del lavoro: l’Italia cerca fino a 3,7 milioni di professionisti


Tre cifre sintetizzano la prossima stagione del lavoro in Italia: fino a 3,7 milioni di ingressi potenziali, un impatto del PNRR fino a 809mila posti e un mismatch che nelle lauree STEM potrebbe superare del 25% la capacità del sistema formativo. Sono i dati del Progetto Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro, che delineano un quadriennio decisivo (2025-2029) per imprese, università e politiche attive. La domanda di lavoro c’è, ed è robusta, ma il punto è capire se il sistema sarà in grado di fornire competenze giuste, al ritmo giusto.

Nei prossimi quattro anni il fabbisogno stimato varia tra 3,3 e 3,7 milioni di lavoratori qualificati. Una parte consistente sarà dovuta al ricambio generazionale, con la sostituzione di chi esce dal mercato del lavoro, ma anche la crescita netta dello stock occupazionale sarà rilevante: tra 237mila unità nello scenario negativo e 679mila in quello favorevole. Il PNRR, se pienamente attuato, può giocare un ruolo decisivo con fino a 809mila nuovi posti legati agli investimenti. Quanto ai titoli di studio richiesti, la mappa è chiara: il 37-39% sarà assorbito dalla formazione terziaria (laurea, ITS Academy, AFAM), il 45-46% dai diplomati tecnici e professionali, mentre solo il 4% dai liceali.

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Il nodo più critico riguarda i profili STEM. Il rischio segnalato da Excelsior è un disallineamento strutturale, con una domanda che potrebbe eccedere del 25% i giovani laureati disponibili. Ogni anno mancheranno 7-10mila laureati in ingegneria (esclusi edilizia e architettura), 3-5mila giovani in scienze matematiche, fisiche e informatiche, e 10-13mila diplomati o laureati in meccanica e agroalimentare. Nei percorsi non STEM, l’offerta complessiva tende invece a superare la domanda, con due eccezioni strategiche: l’indirizzo economico-statistico, dove rimarranno scoperti 12-17mila posti l’anno, e le discipline mediche e sanitarie, che presenteranno un fabbisogno annuale di 7-8mila unità non coperte. Viceversa, i percorsi giuridici, psicologici, linguistici e umanistici continueranno a produrre un surplus di offerta.

Anche la distribuzione settoriale parla chiaro. Commercio e turismo assorbiranno tra 574mila e 702mila ingressi, pari al 18% del totale. I servizi pubblici e privati garantiranno tra 512mila e 544mila posizioni, la sanità tra 417mila e 443mila, la formazione e cultura tra 373mila e 421mila, mentre finanza e consulenza, trainate dai servizi avanzati, si collocheranno tra 362mila e 420mila.

Dal punto di vista geografico, quasi il 30% del fabbisogno si concentrerà in Sud e Isole, mentre il Nord-Ovest peserà per il 28%. La Lombardia da sola raccoglierà tra 592mila e 683mila occupati, oltre il 18% del totale. Seguono il Lazio con 327-369mila ingressi (10%), il Veneto con 280-321mila (8,6%), la Campania con 280-314mila (8,5%), l’Emilia-Romagna con 275-313mila (8,4%) e la Sicilia con 221-246mila (6,7%).

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Il cuore del problema è l’inerzia dell’offerta formativa rispetto alla velocità del mercato. Università e accademie faticano ad aggiornare curricula e numeri programmati sui fabbisogni reali. I dati indicano tre linee d’azione: riallineare l’offerta ampliando posti e borse in ingegneria, ICT, statistica e sanità e rafforzando gli ITS Academy su meccanica e agroalimentare; accelerare i tempi con percorsi scuola-impresa, stage qualificanti e micro-credential per competenze emergenti; orientare meglio gli studenti per evitare il sovraffollamento in percorsi giuridici, psicologici, linguistici e umanistici e guidarli invece verso aree scoperte come STEM, sanità e consulenza avanzata.

Per le imprese la vera competizione sarà sul talento, non sul salario. Serviranno Academy aziendali, programmi di upskilling continuo e partnership con atenei e ITS per accorciare il time-to-skill. Per giovani e lavoratori le migliori opportunità saranno nei settori a maggiore disallineamento: STEM, sanità, economico-statistico. Un diploma tecnico-professionale o un percorso ITS può aprire corsie rapide verso occupazioni qualificate, mentre le lauree restano decisive nei settori dove la carenza è strutturale. Per le politiche pubbliche il PNRR è un moltiplicatore importante, ma da solo non basta: senza un adeguato matching competenze-domanda, anche gli 809mila posti potenziali rischiano di restare vuoti.

Il quadriennio 2025-2029 non sarà solo una partita di numeri, ma un test di sistema. Imprese, università e istituzioni dovranno dimostrare di saper trasformare una domanda abbondante in occupazione stabile e qualificata. Perché il vero rischio non è non avere lavoro, ma non avere le persone giuste per farlo.





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