24 Agosto 2025
La spada di Damocle dei dazi


«Al momento la preoccupazione è enorme. Chiaramente ci auguriamo che le trattative dei prossimi sei mesi possano modificare la situazione, però bisogna essere realisti. Ribadisco: i dazi sono una scure pesante sull’intero settore agroalimentare». Così David Granieri, presidente di Coldiretti Lazio, dopo l’ufficializzazione dell’accordo tra Usa e Unione Europea. La dichiarazione comune ha confermato l’accordo raggiunto il 27 luglio scorso a Turnberry (Scozia). La preoccupazione è forte anche in provincia di Frosinone, perché bisogna fare i conti con decisioni destinate a pesare moltissimo sugli assetti economici del territorio. In particolare per quanto riguarda l’export.

Le misure

Contabilità

Buste paga

 

I termini dell’accordo sono noti. Il principio generale è quello di un dazio generale del 15% sulle merci esportate negli Usa. Con una serie di condizioni, tra le quali spicca una maggiore apertura del mercato dell’Unione Europea ai prodotti agroalimentari americani. Sull’intera vicenda i commenti si dividono tra quelli che vedono il bicchiere mezzo pieno e quelli che invece lo considerano mezzo vuoto. Questo perché la quota del 15% di dazi sui prodotti europei è molto più alta rispetto al 4,8% applicato prima dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, ma al di sotto del 27,5% in vigore oggi. Va aggiunto che Trump aveva paventato il 50% e perfino il 100% o il 250% su determinati prodotti. Le nuove tariffe scatteranno dal mese in cui l’Unione Europea abbatterà i dazi sui prodotti industriali statunitensi. Bruxelles dovrà altresì garantire un accesso privilegiato al mercato europeo per numerosi prodotti americani: olio di soia, latticini, carne di maiale e di bisonte, frutta e verdura fresca e trasformata, frutta a guscio, aragoste. La Commissione Europea vuole accelerare i tempi e arrivare a dama entro fine mese, anche per far scattare retroattivamente (dal primo agosto) il nuovo regime. I dazi americani passano dal 27,5% al 15% sulle auto importate dall’Europa. E sui pezzi di ricambio. Dalla dichiarazione sono esclusi acciaio e alluminio, già soggetti a dazi del 50%. Va aggiunto che si prevede l’avvio di una cooperazione per proteggere i rispettivi mercati dalla sovraccapacità globale. I dazi al 15% riguarderanno anche farmaci e chip. Sono esentati dal tetto del 15% le risorse naturali non disponibili (incluso il sughero), aeromobili e componenti, prodotti farmaceutici generici e rispettivi ingredienti e precursori chimici. Per quanto concerne il settore dei formaggi, parmigiano reggiano e grana padano, prima dell’accordo, avevano raggiunto il 25%. Quindi c’è una riduzione al 15%. Mentre invece il pecorino romano passa da dazi zero al 15%. La delusione maggiore riguarda soprattutto il settore agroalimentare. Non c’è stata, per esempio, l’esenzione del vino e degli alcolici dalle tariffe del 15%. Il Governo ha detto che nei prossimi mesi continueranno le trattative e l’obiettivo primario è quello di allargare il fronte delle esenzioni. E soprattutto di salvaguardare al massimo i prodotti che caratterizzano il made in Italy nel mondo. E anche negli Usa quindi. Vale a dire vino, formaggi, pasta, olio, salumi. Al momento però la situazione non è questa. Perché, come detto, l’esclusione dall’aliquota base del 15% riguarda aeromobili e componenti di aeromobili, prodotti farmaceutici generici, precursori chimici e risorse naturali non disponibili.

Lo scenario

David Granieri, presidente di Coldiretti Lazio, afferma: «Dobbiamo ragionare sulla situazione che è stata delineata adesso. E la situazione che è stata delineata vede il vino passare dal 5% al 15% e l’olio da zero al 15%. Molto realisticamente dobbiamo anche pensare all’opzione di nuovi mercati. L’agroalimentare non è un pulsante che si accende o si spegne». Aveva detto nei giorni scorsi Granieri: «Per il Lazio, in ogni caso, si tratta di una misura gravosa. Dopo tanti anni stavamo ottenendo buoni risultati in termini di export. L’aggravio sicuramente ci mette in difficoltà. Noi come organizzazione abbiamo chiesto all’Europa dei termini compensativi. Ciò che chiediamo all’Ue è un aiuto in più alle aziende a ristrutturarsi perché trovare mercati alternativi non è semplice, specialmente se parliamo di aziende piccole e poco strutturate. E questo è mediamente l’identikit delle imprese laziali, sia per quanto riguarda la produzione di olio che di vino». E prosegue: «Ciò che, invece, stiamo chiedendo sia alla Regione Lazio sia al governo nazionale è la possibilità di finanziamenti ulteriori, per un modello di internazionalizzazione alternativo, che ci permetta di non abbandonare gli Stati Uniti. Perché comunque l’America è sempre stato e sarà sempre un mercato di riferimento, dato anche il volume di consumatori. Contemporaneamente però bisogna tentare di sviluppare processi di internazionalizzazione che permettano alle imprese di compensare il fatturato che sicuramente perderanno».

Farmaceutico ed export

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In Ciociaria la ricaduta dei dazi preoccupa anche e soprattutto il settore farmaceutico, sia per l’eccellenza che rappresenta, sia per la sua forte vocazione di esportazione di prodotti oltre Oceano. A proposito di esportazioni, secondo i dati elaborati dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, nel 2024 la provincia di Frosinone ha esportato merci verso gli Stati Uniti per un valore pari a 598,9 milioni di euro, in crescita del 4,8% rispetto ai 571,4 milioni di euro del 2023. Numeri, questi, che pongono il Frusinate al trentunesimo posto nella classifica nazionale per valore dell’export verso gli Usa, con una quota dello 0,9% sul totale nazionale. Crescita registrata, dal 2023 al 2024, anche a livello regionale, con un aumento del 35,7% delle esportazioni verso gli Stati Uniti e una quota sul totale nazionale del 5,5%, con il Lazio al sesto posto della classifica delle regioni stilata dalla Cgia. È di 3 miliardi e 568 milioni il valore dell’export laziale negli Usa del 2024, con una crescita di 939 milioni rispetto al 2023.



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