
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy: «Occorre procedere in fretta sulla revisione del Regolamento sulla CO2. L’intesa con la Germania sulle flotte aziendali afferma finalmente una posizione pragmatica»
Ministro Urso, lei ha detto che dazi del 15% sono «un ostacolo superabile», ma alcuni settori puntavano all’esenzione. Ci sono margini per trattare?
«Sicuramente sì per i vini e alcuni prodotti alimentari, così come per l’acciaio e l’alluminio. Occorre insistere, consapevoli delle nostre buone ragioni. È comunque importante aver scongiurato la “guerra commerciale”, che avrebbe avuto effetti devastanti per tutti».
Ci saranno compensazioni per i settori più in difficoltà?
«Stiamo lavorando con il ministro Tajani a un piano di promozione sui nuovi mercati e di consolidamento negli Usa, i cui consumatori non intendono rinunciare alla qualità dei prodotti italiani. La crescita registrata negli ultimi mesi in alcuni mercati extra-Ue è di buon auspicio. Per questo insistiamo affinché la Commissione finalizzi alcuni accordi di libero scambio con il Consiglio di cooperazione del Golfo e, in prospettiva, India, Malesia, Indonesia, Filippine. Ovviamente anche con il Mercosur, tutelando la produzione agricola».
L’automotive ha tirato un sospiro di sollievo ma la riduzione dei dazi è subordinata a delle condizioni. I tempi si allungheranno?
«L’indicazione è chiara e credo sia raggiungibile in tempi brevi. Però il dazio maggiore è quello interno, imposto dalle folli regole del Green Deal, che hanno portato alla crisi del comparto in tutta Europa, con la chiusura di interi stabilimenti e il licenziamento di decine di migliaia di operai. Occorre procedere in fretta sulla revisione del Regolamento sulla CO2, applicando il principio della piena neutralità tecnologica.
L’intesa che abbiamo raggiunto con il ministero dell’Economia tedesco sulle flotte aziendali afferma finalmente una posizione pragmatica e flessibile, che deve muoverci in ogni contesto».
In Italia gli impianti di Stellantis sono tutti in difficoltà. Ad Atessa le domande per le uscite incentivate hanno superato le 400 accordate. Come si ferma la crisi?
«Appunto. È necessario vedere le normative europee sui veicoli. Ad Atessa si producono veicoli commerciali leggeri che, in Europa, per circa il 75% delle immatricolazioni sono destinati alle flotte aziendali. L’intesa con la Germania sulla neutralità tecnologica riguarda proprio le ragioni della crisi dello stabilimento abruzzese, la cui gamma di veicoli include anche veicoli endotermici».
Come vanno le trattative per la vendita dell’ex Ilva? Si riuscirà a evitare lo «spezzatino»?
«Le procedure della gara premiano l’offerta presentata per l’intero compendio. Sono valutati favorevolmente gli investimenti funzionali a rendere autonomi gli impianti del Nord solo nel caso di offerte più convenienti sul piano produttivo e occupazionale. Il nodo di fondo resta la possibilità di realizzare il polo del Dri a Taranto, subordinato alle decisioni del Comune sulla nave rigassificatrice. La tecnologia green si alimenta con il gas».
Gli ambientalisti ricorrono al Tar, c’è il rischio che si apra un nuovo fronte?
«Gli ambientalisti contestano l’Aia rilasciata a luglio nel rispetto dei più avanzati standard europei. Si tratta di un’Aia “ponte” destinata a essere sostituita quando si procederà con la decarbonizzazione, che farà del nostro Paese il primo a produrre acciaio green in Europa. Pensavo fosse una scelta condivisa. Per raggiungere l’obiettivo è necessario il massimo senso di responsabilità da parte di tutti gli attori».
I dazi sull’acciaio rimangono al 50%, il settore chiede tutele all’Europa. Come governo cosa proponete?
«Negoziare affinché la definizione del regime di quote non sia penalizzante per l’Europa. In ogni caso, negli Stati Uniti esportiamo prevalentemente acciai speciali non facilmente sostituibili e il mercato Usa è solo il tredicesimo per valore dell’export siderurgico. Dobbiamo però stare attenti agli effetti indiretti sul mercato europeo. Per questo insistiamo affinché si raggiunga una soluzione negoziale equa e sostenibile e si dia attuazione a un meccanismo di salvaguardia rispetto a possibili afflussi anomali di produzioni siderurgiche terze».
Draghi ha detto che l’Europa deve rimuovere le barriere interne e sviluppare tecnologie critiche. Per farlo i Paesi devono unire le forze, come procede la cooperazione con Francia e Germania?
«Draghi ha detto quel che noi sosteniamo da tempo: occorre agire in Europa per ridare competitività all’industria europea. Per quanto ci riguarda, mentre lui presentava il suo report alla Commissione, abbiamo proposto un pacchetto di riforme, che sono oggi al centro del confronto europeo, su: auto, siderurgia, chimica, microelettronica, spazio, revisione del Cbam, semplificazione burocratica e industrie energivore. Ora stiamo lavorando con Francia e Germania per condividere posizioni comuni. Non c’è più tempo da perdere: mentre Bruxelles discute, Sagunto, cioè l’industria europea, viene espugnata».
Confindustria chiede un piano di rilancio triennale per incentivare l’innovazione. Come rispondete?
«Il governo continuerà a sostenere le imprese. Il Piano Transizione 5.0, dopo le difficoltà iniziali, grazie alle semplificazioni introdotte con l’ultima legge di Bilancio incontra oggi il favore delle imprese. Adesso occorre dare continuità e stabilità, nel rispetto delle disponibilità di bilancio, alle agevolazioni e, laddove possibile, renderle ancora più facilmente fruibili ed efficaci, con una misura strutturale, pluriennale. Per questo intensificheremo ulteriormente il confronto sia con il mondo datoriale che con quello sindacale».
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