25 Agosto 2025
«A Napoli il lavoro c’è, le imprese a caccia dei nostri diplomati»


Negli ultimi anni il tessuto produttivo della Campania, e in particolare di Napoli Est, ha vissuto una fase di trasformazione profonda. Lì sorge l’Istituto Tecnico Tecnologico “Marie Curie”, guidato da Valeria Pirone, che quotidianamente osserva l’incrocio tra scuola e impresa.

Dirigente Pirone, partiamo dal contesto. Quanto è cambiata Napoli Est sul piano industriale ed economico?

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«Molto. Il direttore del “Mattino” nel suo fondo ricordava che la Campania è la seconda regione d’Italia per numero di PMI innovative dopo la Lombardia. E io questa crescita la vedo ogni giorno. A Napoli Est, dove si trova la mia scuola, sono arrivate aziende che stanno trasformando il territorio. Penso all’Hitachi, un colosso giapponese che qui ha investito tanto, o alla Teatek, che ha rilevato l’ex Whirlpool e sta crescendo in modo impressionante. Ma non sono casi isolati: il tessuto industriale si è rinvigorito e offre sbocchi reali per i nostri diplomati».

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I suoi studenti provengono in gran parte da quella zona?

«Sì. La maggioranza arriva da Ponticelli, San Giovanni, Barra, e anche dai comuni limitrofi come Cercola o Volla. Sono ragazzi che spesso hanno incontrato difficoltà nei percorsi precedenti, ma qui scoprono una grande passione per la meccanica, la meccatronica, la robotica. I nostri laboratori, molto attrezzati, accendono questa curiosità e trasformano anche chi era meno motivato. È la forza del fare, dello sperimentare. Ho visto tanti ragazzi cambiare radicalmente approccio allo studio grazie al contatto con la pratica».

Il ”Marie Curie” figura ai primi posti delle classifiche di occupazione post-diploma a Napoli. Come lo spiega?

«Perché il lavoro c’è. Lo dico senza esitazione, numeri all amano: il 45% dei nostri diplomati trova lavoro. Le aziende ci chiedono nominativi di diplomati già da inizio anno. Per questioni di privacy non possiamo fornire elenchi, così da due anni organizziamo un Career Day a giugno. In quella giornata i ragazzi incontrano direttamente le imprese, presentano il curriculum e spesso trovano subito un’occupazione. È un passaggio decisivo: la scuola non si limita a formare, ma accompagna all’inserimento».

Oltre all’inserimento immediato, ci sono studenti che proseguono negli studi?

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«Certo. Circa il 20% si iscrive all’Università e sceglie Ingegneria meccanica o energetica, altri si orientano verso gli ITS, che sono percorsi di specializzazione tecnica superiore. Abbiamo attivato un ITS in manifattura e meccatronica, con focus sull’impiantistica energetica. È un’esperienza molto promettente: le imprese del territorio, come Teatek, hanno commesse internazionali e cercano tecnici specializzati. Per i ragazzi significa poter puntare a posizioni più alte e ben retribuite».

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Lei ha citato la logistica come settore in crescita. Quali opportunità offre?

«Negli ultimi due anni la domanda di diplomati nell’indirizzo trasporti e logistica è esplosa. L’e-commerce, con realtà come Amazon, ha cambiato il mercato: servono tecnici capaci di gestire catene complesse, magazzini automatizzati, robot per smistamento e catalogazione. I nostri studenti si formano su competenze che hanno un’applicazione immediata. È un settore già oggi in forte espansione e lo sarà ancora di più».

Cosa chiedono le imprese quando vi incontrate?

«Ci chiedono di ridurre il divario tra ciò che i ragazzi studiano e ciò che serve davvero. Apprezzano molto il livello tecnico, ma segnalano carenze nelle competenze linguistiche e comunicative: molti studenti non padroneggiano bene l’italiano e quasi nessuno l’inglese. Anche la progettazione va rafforzata: oltre al CAD ora è richiesta la conoscenza del BIM. Per questo stiamo formando i docenti e allestendo nuovi laboratori, sfruttando i finanziamenti disponibili. È uno sforzo enorme, ma necessario per restare al passo».

Il legame con le aziende è quindi costante.

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«Sì, ho istituito un comitato tecnico-scientifico che mette insieme professionisti, università e imprese. Serve a orientare i programmi e a non restare indietro rispetto all’evoluzione del settore. Se vogliamo che i ragazzi trovino lavoro qualificato, dobbiamo offrire loro competenze aggiornate».

Il tema del gender gap è ancora presente?

«Purtroppo sì. Nella meccanica e nell’energia ho pochissime ragazze, anche se quelle che scelgono questi indirizzi ottengono risultati eccellenti: quest’anno due diplomate hanno preso 100 e lode. È un pregiudizio culturale che va superato. La meccanica non è un mondo solo maschile, e la mia sfida è farlo capire alle famiglie».

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Molti giovani pensano ancora di dover andare via da Napoli per avere un futuro. Lei che cosa risponde?

«Rispondo che restare a Napoli è possibile, se lo si desidera. Le opportunità ci sono, soprattutto nella meccanica, nell’energia, nella logistica. Non riusciamo a soddisfare tutte le richieste di personale che riceviamo. È giusto scegliere di partire se si hanno altri sogni, ma non perché manchi il lavoro. Bisogna dirlo chiaramente: il lavoro c’è, e c’è qui, proprio a Napoli».

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Il “Marie Curie” è oggi un ponte tra scuola e impresa. È questa la sua visione?

«Esattamente. La scuola deve essere un bacino di competenze per le aziende e una garanzia di futuro per i ragazzi. Non serve moltiplicare gli indirizzi, ma investire a fondo su quelli che hanno sbocchi reali, come stiamo facendo. Solo così Napoli Est potrà diventare non periferia, ma cuore pulsante di una nuova stagione industriale».





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