
La fondatrice Paola Zoli: «Siamo solo all’inizio, obiettivo total look». Il debutto alla Milano Design Week
«Sapevo esattamente che tipo di marchio volevo creare: qualcosa che parlasse a tutte le donne, rendendole libere di indossare i capi in spiaggia o in città, di giorno o di sera. Un progetto che unisse estetica, funzione e libertà». Paola Zoli ha trent’anni, è marchigiana di nascita, ma il suo progetto ha preso forma a Verona, la città dove ha maturato un’esperienza cruciale nel settore moda: è fondatrice e ceo di Venuja, un brand che è nato a fine aprile di quest’anno con il lancio dell’e-commerce e un pop-up alla Rinascente di Milano durante la Design Week. È stato il debutto pubblico di un marchio che parla di beachwear e total look, ma che al centro ha una scelta: la luce della femminilità. Quella autentica, decisa, imperfetta e quotidiana.
Dalle Marche a Verona
Zoli ha alle spalle una formazione a Milano, tra Politecnico e Istituto Marangoni, e un percorso professionale che l’ha vista entrare nei team visual di Moschino e poi in Calzedonia. È così che ha messo radici a Verona. «Ho iniziato seguendo la parte creativa e visiva per Tezenis, poi sono diventata responsabile dell’ufficio stile. In quegli anni ho imparato cosa significa far quadrare visione estetica, tempistiche e logiche commerciali». Zoli, compagna di vita di Federico Veronesi (figlio di Sandro, del Gruppo Oniverse), a Verona ha trovato il suo dream team composto da Chiara Da Ronch e Virginia Spadini, «il brand è nato da una visione comune e da un’amicizia vera. Abbiamo lavorato insieme sul fitting. Volevamo un prodotto bello, ma soprattutto comodo. I costumi sono pensati per essere indossati anche con una gonna, con un pantalone, con un blazer. Il total look non è un’estetica, è una funzione».
Il nome nato da un refuso
Il nome, Venuja, nasce per errore. Doveva essere «Venusia», ma una mail scritta di fretta lo trasforma. Il suono resta: più fluido, più contemporaneo, con un’eco internazionale. Il riferimento a Venere (pianeta, dea, simbolo di bellezza) è implicito. Ma qui, la femminilità non è idealizzata: è reale, fisica, anche contraddittoria. La campagna Primavera-Estate 25, scattata a Los Angeles dai Morelli Brothers, propone corpi diversi, taglie dalla S alla XL. «Volevamo che ogni donna potesse riconoscersi nei nostri scatti – precisa -. Abbiamo lavorato su fit, volumi, proporzioni. Questo non è un marchio che ti chiede di essere qualcosa che non sei, ma anzi, parte proprio da chi sei». L’obiettivo è chiaro: occupare uno spazio preciso nel mercato del beachwear, superando il concetto stagionale del costume e offrendo un total look che tenga insieme raffinatezza estetica, materiali tecnici e comfort assoluto. La prima collezione piace ai buyer, che la portano in boutique multibrand: da Eraldo a Jesolo, ma anche a Portofino, Forte dei Marmi, Porto Cervo, Milano, Roma e in alcune capitali europee. Nel 2026 è previsto il debutto negli Emirati Arabi e in America, con una collezione PE26, che amplierà la proposta di capi esternabili. «Il costume – conclude Paola – è solo il punto di partenza, che riscrive il guardaroba».
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