26 Agosto 2025
Sheconomy: come le donne stanno riscrivendo l’economia


Le donne stanno riscrivendo l’economia globale, grazie alla loro maggiore presenza in diversi settori del lavoro, anche in ruoli di leadership, ma anche grazie alla capacità di dettare le leggi dei consumi, di modellare i trend e il marketing. Tanto che oggi si parla di Sheconomy: vediamo come funziona e come sta cambiando le carte in tavola.

Cosa significa Sheconomy e perché è il nuovo motore dell’economia globale

Il termine Sheconomy deriva dall’unione delle parole inglesi She, che significa “lei” ed economy, ovvero “economia”. Rappresenta quindi l’economia relativa alle donne, il potere economico delle donne nel mondo, sempre più crescente, e specialmente il loro impatto sul lavoro, sul mercato e sui consumi. Con questa espressione si indica il peso economico delle donne che sono consumatrici, imprenditrici, lavoratrici e leader, e come il loro impatto sta riscrivendo l’economia globale.

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Al giorno d’oggi infatti le donne sono sempre più economicamente autonome e impattanti nel mondo, non solo nei Paesi sviluppati, ma anche in quelli in via di sviluppo. Dove hanno l’opportunità di creare start-up, crescere e formarsi, fino a raggiungere le posizioni all’apice delle aziende e in politica. Questo sta portando negli anni a una graduale ascesa di modelli economici diversi, che abbiano alla guida bisogni e valori femminili, che fino a poco tempo fa erano completamente ignorati nel mondo del lavoro e della politica.

Inoltre, esistono settori di consumo guidati in percentuali altissime dalle donne consumatrici, influenzano fino all’80% delle decisioni di acquisto in ambiti come casa, salute, educazione, viaggi e tecnologia. Le donne sono sempre più istruite, tanto da superare gli uomini nelle percentuali di lauree e master. Sempre più donne donne avviano startup e imprese, spesso con modelli di business sostenibili e innovativi, hanno una forte presenza nei settori digitali, del marketing, dell’e-commerce e dell’healthcare tech.

Come le donne guidano settori in crescita: media, tecnologia, salute e finanza

La Sheconomy che oggi ha un grande effetto sull’economia globale è dovuta non soltanto alla figura delle donne come consumatrici, ma anche e soprattutto grazie alla presenza femminile in tutti i settori lavorativi in crescita, anche in ruoli di leadership. La differenza, che sta trasformando il mondo del lavoro e l’economia, la dà il modo nuovo di operare, che per secoli è stato improntato sul modello maschile. Portando nuovi modelli di leadership più empatici, inclusivi, innovativi, orientati al bene comune e alla sostenibilità.

Nei media promuovono contenuti che riflettono la diversità culturale e di genere, lanciando piattaforme digitali e ridefinendo la narrazione. Nel settore tecnologico, aumentano le fondatrici di startup in ambiti come AI e cybersecurity, promuovendo tecnologie accessibili e attente al digital divide. In ambito sanitario, le donne sono sempre più numerose, in percentuale che sta crescendo rispetto agli uomini. Spesso portano avanti un’idea di medicina più personalizzata e sensibile al genere. Infine, nella finanza, ridefiniscono le regole del gioco con una visione orientata alla trasparenza e a nuovi settori di investimento.

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I numeri del cambiamento: il 49% delle nuove imprese negli USA ha fondatrici donne

Le donne rappresentano oggi un’enorme forza lavoro, non solo in termini di capitale umano, ma anche per la visione diversa che possono offrire, rispetto a secoli di lavoro legato a un’ottica esclusivamente maschile. Tuttavia, nonostante la presenza maggiore di donne nel mondo del lavoro e di un maggiore tasso di laurea, un’analisi condotta da Johns Hopkins e pubblicata sul BMJ Global Health e riportata dal The Guardian evidenzia che le donne costituiscono il 70 % della forza lavoro sanitaria, ma occupano solo il 25 % dei ruoli di leadership.

Secondo il report sulla formazione di nuove imprese del 2025 di Gusto, le startup fondate da donne sono salite al 49 % del totale nel 2024, rispetto al 29 % del 2019. Secondo un’altra ricerca, nel 2024 su 289 miliardi di dollari investiti perle nuove imprese a livello mondiale, solo il 2,3 % è andato a team fondati esclusivamente da donne. Dove la percentuale femminile aumenta di gran lunga è nel potere di acquisto. Infatti a livello globale si stima che le donne gestiscano il 70-80% delle decisioni d’acquisto dei consumatori.

Si tratta principalmente di settori come la cosmetica, la cura della casa e della persona, ma anche viaggi, nei quali l’influenza femminile sia nella scelta che nell’organizzazione è in costante crescita, e nella tecnologia. Le donne guidano gran parte delle decisioni di acquisto quotidiane, oltre a controllare la ricchezza personale. Le donne dettano il marketing, i trend, le scelte di consumo, e sono le principali consumatrici in sempre più ambiti, anche grazie alla maggiore autonomia economica.

Care economy e imprenditoria femminile: il legame tra cura non retribuita e business crescente

Con care economy si intendono tutte le attività che riguardano la cura della persona, che sia di bambini, anziani, persone con disabilità. Ma si parla di care economy anche per la gestione della casa e della famiglia, una cosa che molte donne fanno quotidianamente, non retribuite ovviamente. Ancora oggi, nonostante i numeri stiano leggermente cambiando rispetto al passato, la care economy è svolta principalmente dalle donne, nella maggior parte dei Paesi. Per questo motivo, si sta sviluppando un business crescente sulla cura non retribuita della casa e delle persone.

Molte donne, partendo proprio dalla loro esperienza personale nella cura, hanno sviluppato iniziative imprenditoriali nei settori della salute, dell’educazione, dell’assistenza e del benessere. Questi percorsi hanno spesso un doppio impatto per loro e per l’economia del Paese: generano reddito e offrono soluzioni innovative ai bisogni sociali emergenti. Non solo infatti le donne cercano dei modelli di lavoro flessibili, ma anche la domanda di mercato è in forte crescita.

Si parla di iniziative come startup per il caregiving, servizi educativi alternativi a quelli canonici e statali, come scuole parentali e laboratori gestiti da loro, imprese sociali. Si crea così un circolo virtuoso: le donne spesso entrano nella care economy per necessità, per mancanza di alternative di lavoro che si concilino con la cura della famiglia. Per questo creano imprese e soluzioni lavorative adatte. Il rischio però è quello di riprodurre disuguaglianze e di non avere contratti adeguati.

L’imprenditoria femminile nella care economy può rappresentare una forma di empowerment, innovazione sociale e valorizzazione del lavoro di cura, che da attività non retribuita può finalmente avere un introito. Ma ha bisogno di politiche di sostegno mirate, del giusto riconoscimento economico del lavoro di cura, di reti di collaborazione con il settore pubblico/privato.

Sheconomy e rappresentazione: dal “Taylor Swift effect” al controllo dei consumi femminili

La Sheconomy è una realtà in costante crescita, perché il mondo del lavoro sta cambiando insieme ai cambiamenti della società. Secondo quanto riportato nel post di Equonomics si stima che nel 2030 la metà delle donne tra i 25 e i 44 anni sarà single e darà priorità alla crescita personale e professionale. Numeri mai registrati, dato che fino a pochi decenni fa le donne che lavoravano erano molte meno, e la priorità assoluta erano matrimonio e figli. Le donne hanno finalmente i mezzi per reagire, e per scegliere cosa vogliono dalla vita.

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Questo non significa ovviamente che tutte le donne devono preferire la carriera alla famiglia, ma che sono sempre più vicine a poter decidere in maniera autonoma. Purtroppo gli stigmi legati a una donna che non diventa madre e la pressione sociale a fare figli sono ancora alti, ma la visione sul mondo del lavoro porta anche prospettive diverse. Le donne inoltre hanno una presenza importante sull’economia per i loro consumi. Infatti, si sta iniziando ad analizzare anche gli effetti economici dei consumi principalmente (anche se non solo) femminili.

L’esempio più citato ed emblematico è il caso Taylor Swift. Non solo la cantante impersona la Sheconomy grazie all’impero economico che ha creato, ma con il suo Eras Tour ha innescato una serie mai vista prima nei concerti di spese e di giri economici. Dai biglietti, a viaggi, soggiorni, ristoranti, merchandising, abbigliamento e accessori. Solo a Milano, con due concerti, Taylor Swift ha generato circa 85 milioni di euro. Le donne, grazie al loro modo di pensare, ai loro gusti in tutti i livelli, non solo musicali, hanno acquisito un potere simbolico e culturale. In grado di modellare e spingere tendenze, a far girare l’economia, a scegliere cosa vale la pena acquistare e cosa meno.

Come le aziende possono allinearsi

La Sheconomy sta avendo quindi un impatto crescente e sempre più importante nell’economia globale. Le donne, come consumatrici, lavoratrici, leader, imprenditrici e investitrici stanno modificando gli andamenti e le decisioni di mercato. Anche le aziende non create dalle donne devono quindi pensare a come allinearsi, per far sì che nonostante la crescita di professioniste preparate e donne laureate, non continuino a comandare disparità di genere, specialmente a livello di leadership.

Ci sono alcune pratiche che le aziende possono usare per valorizzare la Sheconomy, prima fra tutte la ricerca di una leadership paritaria. Solamente formando tutte le risorse e costruendo la leadership tenendo conto di quello che ognuno ha da offrire, si può avere un parità. In questo senso, una soluzione molto valida è l’imprenditoria condivisa. Si tratta di un modello in cui più persone condividono responsabilità, risorse e profitti di un’attività imprenditoriale. È spesso collaborativa, orizzontale e inclusiva, basata su fiducia, cooperazione e partecipazione attiva e mette al centro la meritocrazia.

Infine, ma forse sarebbe la prima cosa che ogni aziende deve fare, è rivedere una rappresentanza autentica nel proprio organico. Avere una rappresentanza autentica in un’impresa significa non solamente assumere personale eterogeneo, ma garantire una partecipazione reale, di ascolto effettivo. Le persone, quindi anche le donne di un’impresa, devono essere viste come valori, non numeri, e devono poter far sentire la propria voce, in modo da comprendere sia quali sono le esigenze di tutti, ma anche le idee, una visione diversa dal classico leader a cui siamo abituati.



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