26 Agosto 2025
La Romania affronta la sua prova di maturità nell’UE / Romania / aree / Home


Bandiera della Romania e dell’UE, Bruxelles – © Alexandros Michailidis/Shutterstock 

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A quasi 18 anni dall’adesione all’UE, la Romania si trova ad affrontare una vera prova di maturità davanti alla nuova bozza di bilancio per il prossimo settennato 2028-2034. Un’intervista ad Ana-Maria Icătoiu, Federazione per l’innovazione e la competitività sostenibile nelle PMI

(Originariamente pubblicato dal nostro partner di progetto PressOne)

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La nuova bozza di bilancio dell’Unione europea per i prossimi sette anni rappresenta una vera prova di maturità per la Romania, che, per coincidenza o meno, festeggerà 18 anni dall’adesione all’UE nel 2025. Il bilancio proposto dalla Commissione europea ammonta a quasi duemila miliardi di euro, da spendere nel periodo 2028-2034.

La “cattiva notizia” per la Romania è che la nuova filosofia di bilancio dell’UE non pone più la stessa enfasi sui fondi agricoli e sui programmi di coesione, quelli progettati per aiutare le regioni più povere dell’UE ad adeguarsi agli standard di quelle più sviluppate. Eppure proprio questi fondi si sono finora dimostrati vitali per lo sviluppo della Romania e per gli sforzi volti a migliorare il tenore di vita.

Nella presentazione del nuovo bilancio pluriennale, la Commissione europea ha proposto di unificare i fondi di coesione e agricoli in un unico piano nazionale per ogni Stato membro. Questo approccio rischia di contrapporre i finanziamenti per la coesione e l’agricoltura ad altri flussi di finanziamento, potenzialmente minando la visione europea unitaria che li ha guidati finora.

La nuova visione di Ursula von der Leyen è chiara: più fondi per la difesa, meno per l’agricoltura. Più finanziamenti per “competitività” e “innovazione” e meno per le “regioni svantaggiate”.

Intitolata “Un bilancio per un’Europa più forte”, la proposta invita gli Stati membri dell’UE a mostrare maggiore “forza”. Per la Romania, questo rappresenta una prova cruciale di maturità, che ci mette di fronte a una trappola familiare: nei 18 anni di gestione dei quadri finanziari dell’UE, le autorità romene hanno costantemente faticato a gestire questi fondi in modo efficace a livello centrale.

Al momento, la ricentralizzazione dei fondi agricoli e di coesione dell’UE sembra un “tutto in uno” e non sembra affatto attraente per i futuri beneficiari dei fondi di coesione, secondo Ana-Maria Icătoiu, vicepresidente della Federazione per l’innovazione e la competitività sostenibile nelle PMI.

La nuova bozza di bilancio dell’UE per il periodo 2028-2034 mostra un cambiamento nelle modalità di allocazione dei fondi di coesione. Quale impatto diretto avrà una tale decisione sulla Romania?

Era prevedibile che la Commissione europea si muovesse, almeno in questa prima bozza, verso un approccio più in linea con i piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR). In altre parole: se si vogliono soldi per gli investimenti, bisogna in cambio realizzare riforme.

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Da semplice cittadina romena e dell’UE, ritengo che questo sia un approccio eccellente. Anch’io vorrei vedere riforme in cambio di investimenti. Ma poi ci imbattiamo nella nostra realtà qui in Romania e possiamo vedere chiaramente quanto sia stato fallimentare il nostro PNRR. Ha seguito esattamente lo stesso modello: ci si impegna in determinate riforme, si raggiungono una serie di traguardi e, in cambio, si ricevono finanziamenti.

Dal punto di vista delle PMI, accogliamo con favore l’attenzione della Commissione europea alle riforme sistemiche: gli imprenditori sanno bene quanto la Romania ne abbia bisogno. Ciò che ci preoccupa, tuttavia, è l’effettiva capacità del nostro Paese di attuare riforme autentiche e profonde in cambio di finanziamenti europei.

Vogliamo che il Quadro finanziario pluriennale 2028-2034 sia più ampio? La Romania desidera una dotazione maggiore? In tal caso, qual è il nostro approccio? Da dove dovrebbero provenire i finanziamenti aggiuntivi? Come possiamo contribuire maggiormente al bilancio dell’UE? A questo tavolo virtuale di negoziati, la Romania non ha ancora offerto, almeno ufficialmente, risposte chiare a queste domande. C’è anche un rischio: che i fondi UE possano trasformarsi in un programma in cui dall’alto si decide arbitrariamente dove vanno i fondi.

Su quali elementi della nuova proposta di bilancio dell’UE dovrebbe concentrarsi la Romania nei negoziati con la Commissione europea?

Ad esempio, questa fusione tra la politica di coesione e la Politica agricola comune: per la Romania, è essenziale che la coesione rimanga un pilastro autonomo nel prossimo bilancio dell’UE. I fondi europei negli ultimi 18 anni hanno aiutato enormemente la Romania. Il PIL pro capite è cresciuto significativamente rispetto al suo livello del 2006, prima dell’adesione all’UE.

Tuttavia, all’interno delle regioni, il divario tra le contee economicamente già più forti e quelle meno sviluppate si è ampliato anziché ridursi. Prendiamo, ad esempio, la regione della Muntenia meridionale: vediamo due contee economicamente potenti (Prahova e Argeș), ma altre, come Teleorman, Dâmbovița e Călărași, sono rimaste indietro.

È fondamentale mantenere la coesione come pilastro fondamentale nel prossimo bilancio dell’UE a livello nazionale. Dobbiamo anche fare attenzione a non innescare una competizione per i fondi UE tra agricoltori e imprese agricole, da un lato, e PMI che operano al di fuori dell’agricoltura e autorità pubbliche che cercano finanziamenti per la sanità, l’istruzione o i servizi sociali, dall’altro. Mettere questi due pilastri, politica agricola e coesione, nello stesso pacchetto, allo stato attuale, difficilmente produrrà risultati positivi.

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Un’altra importante preoccupazione riguarda i piani di partenariato nazionale e regionale proposti. Mentre la Commissione europea sembra favorire un approccio più decentrato, lasciando le decisioni agli Stati membri che presumibilmente sono nella posizione migliore per comprendere le esigenze delle proprie comunità, la nostra preoccupazione deriva dall’esperienza passata.

Abbiamo visto cosa può accadere in Romania quando quadri vaghi vengono lasciati aperti all’interpretazione. Se i regolamenti finali dell’UE non specificano chiaramente come dovrebbero funzionare questi piani di partenariato nazionale e regionale, c’è il rischio concreto che i fondi europei si trasformino in qualcosa di simile a un “PNDL europeo” (Programma nazionale di sviluppo locale), centralizzato nelle mani di qualcuno a Bucarest e slegato dalle reali esigenze delle regioni.

Perché è una cattiva idea lasciare al governo la decisione su come allocare questi fondi?

La cosa migliore accaduta alla Romania dall’adesione all’UE è il decentramento del Programma regionale, che si sta realizzando nell’ambito dell’attuale quadro finanziario 2021-2027. Dal punto di vista del settore privato, è stato tutto positivo. Nell’ambito del programma 2014-2020, c’erano bandi di progetto in cui trascorrevano 18 mesi tra la presentazione della richiesta di finanziamento da parte di un’azienda e la firma del contratto.

Ora, nell’ambito degli attuali programmi 2021-2027, farò un esempio concreto dell’Agenzia di sviluppo regionale Muntenia: dal momento della presentazione e del caricamento della domanda alla ricezione della notifica di approvazione, ci sono voluti, in media, solo tre mesi e mezzo.

Questo è ciò che ha ottenuto il decentramento: avvicinare i fondi alle comunità. Chi è a livello centrale sembra spesso più concentrato a indicare ai beneficiari come non attuare i progetti, comportandosi più come guardiani ansiosi di individuare gli errori che come partner nello sviluppo. Ciò che sosteniamo è che il futuro regolamento di bilancio dell’UE dovrebbe specificare chiaramente come funzioneranno questi piani di partenariato nazionali e regionali. Dovrebbe definire i diritti e le responsabilità di tutti gli attori coinvolti. Dal nostro punto di vista, il processo decisionale deve rimanere a livello regionale, più vicino ai beneficiari finali, e non centralizzato a Bucarest.

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Perché la Commissione europea ha deciso di “centralizzare” questi fondi in primo luogo? E la Romania potrebbe negoziare un’eccezione, una qualche forma di decentramento adattata al nostro contesto specifico?

La Commissione europea sta cercando di fondere l’attuale politica di coesione con il modello PNRR. A livello UE, si tratta di un approccio valido, basato sulla convinzione che gli Stati membri abbiano raggiunto un livello di maturità sufficiente per gestire i propri fondi europei in modo indipendente. È un approccio ragionevole, ma si scontra con la realtà di come funzionano le cose in Romania.

Ecco perché le istituzioni dell’UE devono includere nella regolamentazione meccanismi che consentano alla Commissione di monitorare l’effettiva applicazione di questi principi. Se si vogliono investimenti, bisogna attuare riforme. Il settore privato chiede riforme da anni, e anche noi le vogliamo. Vogliamo meno burocrazia e un accesso più facile ai fondi UE. Permettetemi di fare un esempio: nell’ambito del quadro finanziario 2021-2027, la Romania non ha nemmeno raggiunto il 10% di assorbimento, nonostante il bilancio sia disponibile dal 2021.

Come si riflettono le politiche ambientali nel nuovo progetto di bilancio dell’UE e quanto rimangono importanti per la Romania?

Dal punto di vista delle PMI romene, in particolare quelle del settore manifatturiero, con un consumo energetico più elevato, la decarbonizzazione, il miglioramento dell’indipendenza energetica e l’aumento dell’efficienza energetica non sono più un lusso. Sono questioni di sopravvivenza, non solo di aumento della competitività.

Non ha senso inondare il mercato con fondi UE a fondo perduto, sia attraverso il PNRR che attraverso i fondi di ammodernamento, per aiutare le PMI a installare pannelli solari per l’autoconsumo se, all’interno degli stabilimenti di produzione, utilizzano ancora apparecchiature vecchie di 15-20 anni e che consumano il doppio dell’elettricità necessaria.

La Romania è l’unico Stato membro dell’UE che, negli ultimi 30 anni, non ha mai avuto un programma nazionale per il settore privato volto a riorganizzare o sostituire le linee di produzione obsolete con altre ad alta efficienza energetica. Una delle principali cause dei problemi di competitività delle PMI romene, soprattutto per gli esportatori che competono con le imprese dell’Europa centrale e orientale, è proprio questa: la mancanza di efficienza energetica.

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Concretamente, cosa cambierà per la Romania dopo il 2028? Le priorità di finanziamento dell’UE cambieranno, soprattutto con l’avvio dei negoziati di adesione della Moldavia?

Non saranno più disponibili sovvenzioni tradizionali per qualsiasi cosa. Entro il 2028, la Romania avrà attraversato tre quadri finanziari in cui il settore privato ha beneficiato di sovvenzioni a fondo perduto. È naturale che queste sovvenzioni andranno ai nuovi Stati membri in arrivo, come la Moldavia.

Gli imprenditori romeni hanno già accettato il fatto che, dopo il 2028, finirà l’era delle sovvenzioni a fondo perduto. L’Europa sta esaurendo la sua pazienza: dopo 18 anni nell’UE, la Romania sta affrontando la sua prova di maturità, ad esempio con prestiti garantiti dallo Stato membro o dalla Commissione europea.

A partire da quest’anno, i fondi pre-adesione hanno già iniziato a fluire verso la Moldavia. Dal punto di vista della Romania, l’adesione della Moldavia all’UE, e si spera anche dell’Ucraina, rappresenta un’importante opportunità di sviluppo economico. Ci sono aziende romene che investiranno senza dubbio in Moldavia una volta che diventerà uno Stato membro a pieno titolo dell’UE.

Per quanto riguarda l’Ucraina, tuttavia, stiamo assistendo ad una chiara disconnessione da parte dello Stato romeno riguardo alla futura ricostruzione del Paese. Non esiste una strategia nazionale che delinei come la Romania intenda essere coinvolta nella ricostruzione dell’economia ucraina. Siamo completamente assenti da queste discussioni. Se consideriamo le dimensioni dell’Ucraina, la sua popolazione e il livello di sviluppo industriale che aveva prima della guerra, è una vera occasione persa non posizionarci ora.

Se la Romania inizia a pensare strategicamente, dovrebbe puntare a diventare la potenza regionale chiave. Una volta finita la guerra in Ucraina, dobbiamo posizionarci come il principale centro di potere nell’Europa orientale, proprio come la Polonia nell’Europa centrale.

 

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Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto Cohesion4Climate, cofinanziato dall’Unione Europea. L’UE non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBCT.

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