
di Oliviero Casale, Componente CTS Terzo Settore – Conflavoro PMI
Il decreto n. 79 del 30 luglio 2025 del Ministero della Cultura segna una svolta strategica per l’intero sistema nazionale di valorizzazione del patrimonio culturale, ponendo le basi per una modalità innovativa di collaborazione tra settore pubblico e soggetti privati non lucrativi, finalizzata alla cura condivisa dei luoghi della cultura, con il cosiddetto Partenariato Speciale Pubblico-Privato.
Il decreto, corredato da un articolato sistema di Linee guida e allegati operativi, traduce in termini normativi e procedurali un principio che negli ultimi anni ha assunto crescente rilievo: la necessità di superare la dicotomia tra titolarità pubblica e iniziativa privata attraverso modelli di partenariato orientati al perseguimento dell’interesse generale.
Nel solco delle previsioni del Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023), il Partenariato Speciale Pubblico-Privato (PSPP) trova qui una disciplina finalmente compiuta, in grado di fornire agli istituti culturali, agli enti territoriali e ai soggetti del Terzo Settore uno strumento giuridico certo, replicabile e coerente con i principi della co-programmazione e della co-progettazione.
La portata applicativa del decreto, che comprende sia i luoghi della cultura statali che quelli di competenza regionale o comunale, rende il partenariato PSPP uno strumento potenzialmente trasformativo, capace di promuovere pratiche di governance collaborativa, radicate nei territori e orientate alla sostenibilità culturale, sociale ed economica.
Le linee guida: contenuto, struttura e finalità
Il documento centrale allegato al decreto – le Linee guida in materia di Partenariato Speciale Pubblico-Privato – si sviluppa in oltre 40 pagine e rappresenta una vera e propria infrastruttura tecnico-giuridica per l’attuazione del PSPP.
Fin dalla premessa, le linee guida evidenziano l’intento di colmare un vuoto applicativo e rendere concretamente percorribili le forme di collaborazione previste dal Codice dei Contratti, superando le ambiguità che finora avevano ostacolato la diffusione di questa modalità. Il testo offre un inquadramento chiaro sul significato e sull’ambito operativo del PSPP, indicandone i presupposti, la cornice giuridica di riferimento, la natura non concorrenziale e la compatibilità con la normativa sul Terzo Settore.
In particolare, si precisano: le tipologie di istituti e luoghi della cultura che possono attivare i partenariati, comprese strutture già operative; la possibilità di avviare manifestazioni di interesse non competitive, basate sulla qualità progettuale; l’apertura ai soggetti del Terzo Settore, a condizione che presentino requisiti di affidabilità, esperienza e sostenibilità; la necessità di un accordo di partenariato chiaro, trasparente, monitorabile, supportato da un Tavolo tecnico di concertazione.
Il documento illustra inoltre l’intero iter procedurale, dalla predisposizione dell’avviso fino alla sottoscrizione dell’accordo, con ampi riferimenti agli strumenti di rendicontazione, agli obblighi reciproci delle parti e alla verifica dei risultati. Le Linee guida chiariscono che lo scopo del PSPP è duplice: rafforzare la fruizione dei beni culturali e valorizzarli come risorse collettive, attraverso un coinvolgimento diretto delle comunità e degli attori locali.
Lo schema di Avviso Pubblico: uno strumento operativo flessibile
Elemento cardine dell’impianto normativo è l’Allegato 1 – Schema di Avviso Pubblico, che rappresenta il modello standard per l’attivazione del partenariato. Si tratta di un documento precompilato, articolato in dieci sezioni principali, ciascuna delle quali può essere adattata ai bisogni specifici dell’istituto proponente: definizione degli obiettivi di valorizzazione, partecipazione civica e fruizione culturale; descrizione del bene culturale e delle attività da realizzare; durata dell’accordo e modalità di proroga; destinatari e requisiti; modalità operative; localizzazione; documentazione richiesta; obblighi dei partner; struttura della proposta progettuale; accordo finale e funzionamento del Tavolo tecnico.
Il modello è obbligatorio per tutte le strutture del MiC che intendano avviare un PSPP, ma risulta replicabile da parte di amministrazioni regionali, enti locali e reti territoriali. Il documento assume una funzione regolativa e facilitatrice, offrendo una base comune per sviluppare partenariati adattabili ai diversi contesti e ai differenti livelli di complessità organizzativa e patrimoniale.
Procedure, criteri, obblighi: una guida operativa per le amministrazioni e i partner
Le Linee guida si presentano come uno strumento flessibile, ma non arbitrario. Ogni sezione del documento è pensata per guidare le amministrazioni nell’elaborazione degli avvisi, nella ricezione delle proposte, nella verifica di ammissibilità e nella costruzione dell’accordo finale. Sono indicati con precisione: i criteri per la valutazione qualitativa delle proposte progettuali; le modalità per la costituzione del Tavolo tecnico di concertazione e monitoraggio; le condizioni di eventuale co-finanziamento da parte del partner; gli obblighi di trasparenza, comunicazione, copertura assicurativa, sicurezza e rendicontazione.
Inoltre, vengono fornite indicazioni concrete per la stesura del cronoprogramma, del piano operativo e del piano economico-finanziario, con l’obiettivo di garantire efficacia gestionale, sostenibilità e tracciabilità dell’impatto. Il modello di accordo di partenariato, infine, assume una valenza contrattuale e amministrativa centrale, rappresentando l’atto conclusivo del processo istruttorio e il punto di partenza per l’attuazione delle attività condivise.
La Convenzione di Faro
L’impianto normativo delineato dal Decreto n. 79/2025 si colloca in una traiettoria più ampia, già tracciata a livello europeo, che mira a riconoscere il ruolo attivo delle comunità nella cura e valorizzazione del patrimonio culturale. In questo contesto, la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società – nota come Convenzione di Faro – rappresenta un riferimento chiave per comprendere l’evoluzione dell’approccio alla gestione culturale.
Adottata nel 2005 e ratificata dall’Italia con la Legge 1° ottobre 2020, n. 133, la Convenzione introduce un’idea di patrimonio non più inteso come insieme statico di beni tutelati, ma come processo dinamico che coinvolge le persone, i luoghi e le relazioni. L’articolo 2 ne offre una definizione ampia, includendo tutte le risorse ereditate dal passato che siano percepite come espressione di valori, credenze, conoscenze e tradizioni condivise, a prescindere dal regime di proprietà.
Ne consegue una concezione partecipativa e relazionale della valorizzazione, che trova piena coerenza con l’articolo 5 della Convenzione, laddove si promuove l’inclusione delle attività di identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione tra le azioni di valorizzazione culturale.
Particolarmente innovativa è l’introduzione della figura della “comunità patrimoniale”, intesa come un insieme di persone che riconoscono in determinati elementi culturali un significato condiviso e che, per tale ragione, scelgono di prendersene cura in modo attivo. L’articolo 12 riconosce a queste comunità il diritto di partecipare alla definizione e attuazione delle politiche pubbliche in materia di patrimonio culturale, mentre l’articolo 1, lettera a), afferma che ogni individuo ha il diritto di trarre beneficio dal patrimonio e di contribuire al suo arricchimento.
Questa prospettiva introduce una profonda discontinuità rispetto ai modelli tradizionali, nei quali la responsabilità esclusiva per la valorizzazione era attribuita alle autorità pubbliche. Al contrario, la Convenzione riconosce il valore delle iniziative civiche, del radicamento territoriale e dell’identità collettiva, favorendo un modello di gestione che coniuga prossimità, partecipazione e responsabilità condivisa.
La Convenzione di Faro configura in pratica un sistema in cui il patrimonio culturale assume una funzione relazionale e generativa, fondata sull’accesso, sulla trasmissione intergenerazionale e sulla co-progettazione, in coerenza con gli orientamenti più recenti in materia di diritti culturali e sostenibilità sociale. In questa cornice, il PSPP può essere interpretato come uno strumento operativo per rendere effettivi tali principi, abilitando processi di collaborazione pubblico-comunità in grado di rafforzare la coesione sociale, la qualità della vita e l’identificazione nei luoghi.
Il CTS di Conflavoro, presidio nazionale per l’attuazione del PSPP
Alla luce del nuovo quadro normativo e delle Linee guida appena adottate, il Comitato Tecnico Scientifico (CTS) per il Terzo Settore di Conflavoro PMI si propone come interlocutore qualificato a supporto delle amministrazioni, degli enti locali e delle organizzazioni non profit, nella corretta interpretazione e applicazione dello strumento del Partenariato Speciale. In particolare, il CTS promuove un approccio fondato sulla sussidiarietà, sulla trasparenza e sulla progettazione integrata, valorizzando le competenze diffuse e la capacità propositiva dei soggetti del Terzo Settore.
L’intero impianto del PSPP appare coerente con l’idea che i patrimoni culturali, materiali e immateriali, possano essere oggetto di responsabilità condivisa e gestione partecipata da parte delle comunità di riferimento. In questa prospettiva, il CTS si configura come presidio tecnico e culturale per facilitare l’attuazione concreta di partenariati pubblici-privati orientati al riconoscimento del valore dei beni culturali come beni comuni, nonché alla loro trasmissione intergenerazionale e alla costruzione di valore sociale durevole.
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