27 Agosto 2025
aiuta le aree meno popolate e per la cura dei figli


Il lavoro da remoto non è stato soltanto una risposta d’emergenza alla pandemia, ma un fattore strutturale capace di ampliare la partecipazione al mercato del lavoro in Italia.

A beneficiarne di più sono state le donne, in particolare quelle in età di cura dei figli, e le aree del Mezzogiorno. Gli effetti più che positivi del cosiddetto ‘lavoro agile’ in Italia sono stati descritti da uno studio di alcuni economisti della Banca d’Italia – che non impegna l’istituzione – da cui emerge chiaramente il potenziale di una modalità lavorativa poco diffusa nel nostro Paese prima del Covid.

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Lo studio ha analizzato l’impatto dello smart working tra il 2019 e il 2022 e sfrutta una banca dati amministrativa unica a livello europeo, costruita grazie agli obblighi di comunicazione che le aziende hanno nei confronti del ministero del Lavoro.

Uno dei primi risultati emersi è che la possibilità di lavorare da casa ha inciso positivamente sia sul tasso di attività sia sull’occupazione, soprattutto dove l’accesso al mercato del lavoro è storicamente più basso. Nelle aree meridionali e in quelle meno popolate, il lavoro a distanza ha rappresentato un’opportunità per chi, in assenza di servizi di welfare adeguati, avrebbe rischiato di restare inattivo.

I dati mostrano che un aumento standardizzato dei lavoratori in smart working, rapportato al totale degli occupati locali, ha prodotto un incremento di 0,9 punti percentuali nel tasso di partecipazione e di 0,7 punti in quello di occupazione. Effetti che diventano più forti quando lo smart working riguarda le donne e la fascia 25-49 anni, la più coinvolta nelle responsabilità di cura dei bambini.

Un aspetto cruciale riguarda infatti la scarsità di servizi per l’infanzia. Lo studio documenta che l’impatto positivo del lavoro da remoto si concentra proprio nelle aree dove l’offerta di asili e strutture di sostegno familiare è limitata. In assenza di questo supporto, la flessibilità organizzativa e la riduzione dei tempi di spostamento offerte dallo smart working diventano decisive.

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Il quadro italiano rende l’analisi particolarmente rilevante nel confronto europeo: il nostro Paese presenta storicamente tassi di attività tra i più bassi, soprattutto tra le donne e nel Sud. Inoltre, prima del Covid, il ricorso al lavoro da remoto era molto più contenuto che altrove, rendendo il boom pandemico un vero shock.

Da qui l’effetto inclusivo: se nel Centro-Nord urbano lo smart working è più diffuso ma meno decisivo per spingere nuovi ingressi nel mercato, al Sud e nelle zone periferiche ha svolto un ruolo chiave. In queste aree, meno dinamiche e con minori servizi, il lavoro da remoto ha offerto una porta di accesso per persone che altrimenti sarebbero rimaste fuori. Una buona spinta in un Paese che deve fare i conti con bassa natalità, invecchiamento demografico e scarsa partecipazione al lavoro



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