28 Agosto 2025
La manovra 2025 di Meloni: taglio dell’Irpef, piano casa per le giovani coppie e bollette


di
Fausta Chiesa ed Enrico Marro

Gli obiettivi dichiarati dalla premier Giorgia Meloni durante il suo intervento di mercoledì al Meeting di Rimini. Previsti anche sostegni alla scuola paritaria e alla natalità

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Un piano casa per favorire in particolare «le giovani coppie»; un nuovo taglio dell’Irpef concentrato, questa volta, sul «ceto medio»; l’abbassamento «strutturale» del costo dell’energia; ulteriori interventi a sostegno «della famiglia e della natalità»; misure per la parità scolastica per «un pieno esercizio della libertà educativa». Dichiarando questi obiettivi, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha indicato anche su cosa si muoverà il governo nelle prossime settimane per mettere a punto la manovra. 

Il social housing

Il progetto per contrastare il disagio abitativo con un programma di social housing da finanziare con risorse pubbliche e private è stato illustrato dal ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, alle associazioni di categoria lo scorso giugno: prevede l’uso di 660 milioni stanziati con le leggi di Bilancio 2024 e 25 da spendere fino al 2030 per realizzare soluzioni abitative flessibili (edilizia residenziale e sociale) a partire dalle città più colpite dall’emergenza casa.




















































I giovani under 36

Secondo Salvini, in aggiunta a queste risorse, si potrà attingere anche a fondi europei (da Invest Eu ai finanziamenti della Bei) e si dovrà far leva sul «partenariato pubblico-privato». Per sbloccare il Piano casa serve però l’intesa nella Conferenza Stato-Regioni e qui c’è un forte ritardo, al punto che secondo il Pd il governo fa «solo annunci». Priorità del Piano, come ha detto ieri Meloni, sarà l’offerta di abitazioni «a prezzi calmierati per le giovani coppie». Al momento, i giovani under 36 che acquistano la prima casa possono ancora richiedere la garanzia statale sull’80% del mutuo mentre sono scadute a fine 2024 le esenzioni sull’Iva e sulle imposte catastali, ipotecarie e di registro. 

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L’aliquota Irpef

Finora il governo Meloni ha attuato solo una parte della riforma dell’Irpef prevista dalla legge delega sul fisco. Lo ha fatto accorpando, dal 2024, le prime due aliquote (23 e 25%) al 23% per i redditi fino a 28mila euro. Una manovra che è andata a beneficio dei redditi medio-bassi, escludendo quelli da 50 mila euro lordi in su. Il prossimo passo, che il governo si proponeva di fare già dal 2025, ma che è stato rinviato per mancanza di risorse, prevede la riduzione della seconda aliquota dal 35 al 33% e l’aumento del relativo scaglione di reddito da 50mila a 60mila euro lordi. In questo modo i benefici verrebbero estesi al ceto medio.

Ma per fare quest’operazione serve una copertura strutturale di circa 4 miliardi annui. Il governo contava di reperirli con il concordato preventivo biennale per le partite Iva, una sanatoria che però non ha portato finora gli incassi sperati. Risorse potrebbero arrivare dall’aumento delle entrate, pure quest’anno superiore alle previsioni, ma anche in questo caso potrebbero servire come coperture solo se «strutturali».

La rottamazione delle cartelle

Insomma, c’è ancora da lavorare. Tanto più che la Lega, che esprime il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, più che sul taglio dell’Irpef, che aiuterebbe soprattutto dipendenti e pensionati, vorrebbe mettere le risorse su una nuova operazione di rottamazione delle cartelle, la quinta, e sull’estensione della flat tax del 15% alle partite Iva con ricavi fino a 100mila euro (oggi è fino a 85mila). Le opposizioni criticano le intenzioni di governo e maggioranza sia perché i benefici sull’Irpef sono stati «azzerati dal fiscal drag» (le tasse in più che si pagano per via dell’inflazione) sia per il trattamento di favore ai lavoratori autonomi e la debole lotta all’evasione. 

Il caro-energia

Il governo — ha dichiarato ieri Meloni — vuole «continuare a sostenere le imprese: l’obiettivo principale e ambizioso è l’abbassamento strutturale del costo dell’energia che pesa come un macigno su competitività italiana». Il prezzo più alto pagato da imprese (e famiglie) in Italia rispetto ad altri Paesi Ue e non Ue (negli Usa il gas costa un quarto) non è una novità ed è su questo che ha battuto più volte il presidente di Confindustria Emanuele Orsini. Il prezzo medio all’ingrosso dell’elettricità nel 2024 è stato di circa 109 euro al megawattora, quasi il doppio rispetto alla Francia (dati Agici-Accenture). Il prezzo dell’elettricità sulla Borsa si è attestato, come media annuale in Italia, sui 108 euro, sopra i 78 euro della Germania, i 63 euro della Spagna e 58 euro della Francia (dati Enea).

La riforma del mercato elettrico 

Le aziende grandi consumatrici (cosiddette energivore) possono contare sull’energy release, la misura predisposta dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica — e approvata da Bruxelles — che permette di comprare elettricità al prezzo ridotto di 65 euro al megawattora fino a fine 2029. Il Mase sta anche studiando una riforma del mercato elettrico per arrivare a disaccoppiare in modo sostanziale il prezzo dell’elettricità prodotta con le rinnovabili da quella prodotta con il gas, che oggi costa più o meno stabilmente il doppio dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia da cui non lo stiamo più comprando. Una delle ipotesi è quella di ridurre la compravendita di energia elettrica sul mercato e promuovere le forniture con contratti negoziati a lungo termine. Per le opposizioni il governo non è riuscito a ridurre nei fatti il maggior costo delle bollette rispetto ai Paesi concorrenti né, dice Azione, a intaccare «le rendite dei produttori». 

I Centri per la famiglia

Sul fronte delle politiche familiari il governo, attraverso il Dipartimento per le politiche della famiglia guidato dalla ministra Eugenia Roccella, a fine marzo, ha approvato il Piano nazionale per la famiglia per il triennio 2025-2027 che stabilisce priorità, obiettivi e azioni e ha come focus — è scritto a pagina 20 del documento — il sostegno alla natalità. L’azione principale sono i Centri per la famiglia, che — notizia degli ultimi giorni — potranno contare su nuove risorse per 55 milioni. L’8 agosto è stato pubblicato un bando di gara rivolto alle Regioni che intendono rafforzare la rete di strutture esistenti. Il Piano sin dall’inizio ha suscitato le critiche dell’opposizione perché incentrato su un’unica forma di famiglia, con padre madre e figli.

Le scuole private 

Il tema delle scuole paritarie è da sempre caro al centrodestra. Meloni si è spinta a dire che bisogna avere «strumenti che assicurino alle famiglie di esercitare pienamente la libertà educativa». L’effettiva parità presupporrebbe che il costo della scuola privata paritaria fosse uguale a quello della pubblica. In passato, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara la parlato del «buono scuola» che le famiglie potrebbero liberamente spendere presso la scuola pubblica o privata. Ma il costo per il bilancio pubblico sarebbe molto alto.

Oggi il sistema conta su circa 11.700 scuole e 790 mila iscritti, soprattutto dell’infanzia. Per l’anno scolastico 2024-25 le paritarie hanno avuto a disposizione 750 milioni, 50 in più dell’anno precedente: una cifra che, secondo le associazioni di settore, copre solo in minima parte delle spese. Il governo punta su un sostegno più strutturato per ridurrebbe il divario con gli altri Paesi europei, dove sono già attivi voucher, convenzioni o contratti di servizio. Il riferimento è a modelli come quello francese o spagnolo. In Italia il tema divide da sempre. Le opposizioni difendono il ruolo centrale della suola pubblica. La premier invita a «sgomberare il campo dai pregiudizi ideologici» e a valutare strumenti fiscali o di finanziamento diretto.

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28 agosto 2025 ( modifica il 28 agosto 2025 | 10:20)

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